MADE IN JAPAN: RUMIKO TAKAHASHI (aggiornato al 03-01-1998)

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RIPROPOSTA


GENIA TU CHE GENIO ANCH’IO
(Accidenti a quel TIR!)

di Matteo Moroboshi

Cari Internet-dipendenti vicini e lontani che dopo mille peripezie, miliardi di Yen (parliamo di Giappone no?) spesi in inutili bollette navigando alla ricerca di qualcosa che dia gaudio dopo una lunga e stressante giornata di lavoro, siete giunti in questa meravigliosa rubrica, rilassatevi e assaporate tutte le cazz… ehm! inoppugnabili considerazioni che la mia mente malata sta appropinquandosi a fare su colei che è considerata la più grande creatrice di Manga vivente.

RONF, RONF, RONF! Oh! Scusate, stavo pensando al modo migliore di presentare Rumiko Takahashi, la cosiddetta “Principessa dei Manga”, nata nel 1957 (ancora passabile) a Nigata e considerata un vero e proprio genio.

… E’ un genio o non è un genio, questo è il problema, il grande arcano che da millenni rende insonni e agitate le nostre notti, tanto che neanche una bella bionda vogliosa riesce a farci dimenticare il rebus che ci attanaglia.

I favorevoli sono molteplici, ma anche i contrari si sprecano e vi prego di non tirarmi ortaggi, anche perché non sono vegetariano, se affermo che un genio era Beethoven o Mozart (sebbene non ci sia dato sapere se la Takahashi sia rispettivamente sorda o abbia una ammaccatura sul cranio che preme sul cervello provocata dal solito TIR del quale non si ha mai il tempo di segnare la targa) e non una donna che sta tutto il giorno a disegnare su un foglio di carta individui buffi, goffi che fanno cose senza senso.

E ora che nessuno mi venga a dire che ha visto in giro un bambino che vola su uno scooter, con le corna e che sputa fuoco (Ten di Urusei Yatsura), o un ragazzo che si trasforma in ragazza facendo il bagno con acqua fredda (e non parlo della bella rossa che sta facendo la doccia in bikini davanti a voi: sarà il solito miraggio dovuto alla calura), perché altrimenti potrei fare una pazzia, come interrompere all’istante questo meraviglioso articolo (lo so che vi dispiacerebbe) e andarmene a fare un giro per i viali di Bologna.

Tornando a noi, quel gran popò di donna della Takahashi, può essere o non essere considerata un genio, tanto a me personalmente non frega niente, ma fatto sta che con la sua fantasia è riuscita a creare tanti e tali personaggi, uno diverso dall’altro ma anche tutti incredibilmente vicini, simili, nel farci:
sorridere (Urusei Yatsura, Ranma 1/2, Maison Ikkoku, Kaibyo Min (Min gatto fantasma), Warera Ganmen Natama, Fufu),
spaventare (Warau Kyoteki (Il Bersaglio che ride), Ningyo No Mori (Il Bosco delle Sirene), Hono Tripper),
affascinare (Le Storie del Fantastico di Rumic World) e
scioccare (Ichi Pound No Fukuin (1 Pound Gospel – Una Libbra di Vangelo) nel quale il boxer Kosaku si invaghisce di una suora, Angela),
al punto che nessuno può negare il fatto che ci abbia talmente condizionato da doverla ormai considerare come una droga, di ottima qualità e per questo estremamente costosa, senza la quale non riusciremmo a tirare avanti.
Il mio incubo peggiore è, infatti, ritrovarmi un giorno senza la mia dose quotidiana di Ranma 1/2, Lamù, Maison Ikkoku, Rumic World, ecc.

Ultima ma non ultima è l’opera che la nostra eroina ha appena iniziato e che ha dimostrato di godere già di buon successo, visto che è stata subito importata e trasposta in inglese dalla VIZ (come per tutte le altre creazioni di Rumiko) negli Stati Uniti d’America: Inuyasha.
Si tratta della storia di una quindicenne, Kagome che viene improvvisamente sbalzata nel Giappone feudale, dove incontra, inchiodato ad un albero, un uomo in Kimono, dai lunghi capelli turchini e dalla grandi orecchie canine (Inuyasha appunto) che in effetti è un demone.

Proprio questo dovrebbe farci riflettere, cioè il fatto che una fumettista straniera (per di più giapponese) sia riuscita ad entrare così incisivamente nel cuore dell’esigente e “sciovinista” pubblico americano, significa che il prodotto è stato distribuito e pubblicizzato bene o è di grande qualità.

A questo punto mi potreste fare notare che anche altri lavori di non grande qualità possono avere un ottimo successo (vedi Martin Mystere, Dylan Dog, ecc.), grazie magari a qualche numero iniziale che ha avuto grossi consensi di pubblico e di vendita e che ha poi permesso al resto di andare avanti per forza di inerzia.
Invece, per le opere di Rumiko Takahashi, la situazione è diversa: ha una vena comica, surreale, una freschezza di disegno dove miscela perfettamente lo stile tondeggiante tipicamente nipponico dei fumetti per bambini, a quello più secco, graffiante, incisivo per ragazzi e quello leggero, morbido per ragazze tali che ogni suo lavoro risulta gradevole a un target di qualsiasi età e sesso.

Comunque, la cosa che fa la differenza è il fatto che le sue storie sono sempre diverse, ambientate fra liceali innamorati, guerrieri, alieni cornuti (ogni riferimento non è puramente casuale) e leggende tradizionali giapponesi.

Tutto questo disquisire, però, non ci deve distogliere dal fatto che la nostra eroina è stata e sarà sicuramente anche in futuro, in grado di unire tutti, giapponesi, americani, europei, in momenti di sano piacere e divertimento.

Quindi, in conclusione non ci rimane altro da fare che sperare che l’ormai pluricitato TIR non becchi mai in pieno la nostra amata Rumiko, togliendoci così la grande principessa, ormai cresciuta e diventata Regina dei Manga.

A me non resta che salutarvi e rimandarvi alla prossima grande disquisizione con un motto che fa Trallallero Trallallà, Ciccia Ciccia Pan e Salam, Noi Saremo Sempre Qua, a Magnà, a Cantà e a Mangà…

… e chi non Manga non capisce un Manga!

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