UNCLE SAM (dalla rivista “Il Corvo presenta n. 32-33”, Nov. 1998)

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RIPROPOSTA


Uncle Sam

Steve Darnell (testi)

Alex Ross (co-sceneggiatura & illustrazioni)

in: Il Corvo presenta n. 32-33, £. 4000 cad.

poi raccolto in un volume cartonato da £22.000ù

(oggi acquistabile a € 15,  https://www.fumetto-online.it/)

Edizioni Magic Press, Pavona (Roma)

 

Recensione di Giuseppe Condorelli

 

C o n t a m i n a z i o n i

La vera trinità di Camelot era
Piacere, Spaccare il culo e scopare.

(J. Ellroy)
Il sogno non sta sfumando…
non si è mai potuto avverare.

(A. Ross )

Tranne i sorridenti ebeti seduti alla Casa Bianca, un paio di intoccabili mafiosi, alcuni pezzi grossi della CIA e dell’ FBI – per non parlare dei boss delle multinazionali – nessuno ha mai conosciuto la vera America se non quella forzatamente celebrata in tutte le salse massmediatiche, fatta di inni nazionali, di lacrime sincere, di mani aperte sul cuore mentre sventola la bandiera e l’ aquila si libra fiera nell’ alto dei cieli, specie quelli iracheni.
Finalmente però, sulla facciata pulita e linda di questa America ossessionata dalle ambasce puritaniste del sexygate per accorgersi della sporcizia insanguinata rappresa sulla sua storia, arriva un po’ di merda fresca.
E’ la merda che schizza dalle pagine di American Tabloid, corposo romanzo al vetriolo di James Ellroy, edito per i tipi di Mondadori; ed è la stessa che tracima dalle nuvole parlanti di Uncle Sam (DC Comics 1997) disegnate e sceneggiate da Alex Ross assieme a Steve Darnall, pubblicate prima su Il Corvo presenta della italiana Magic Press e riunita poi in volume: senza dubbio uno dei migliori fumetti degli ultimi dieci anni.
Nelle pagine di James Ellroy la politica del dinosauro a stelle e strisce si rivela per quella che è sempre stata: una lunga bugia organizzata in modo asettico ed impeccabile, il paravento dietro il quale l’american way of life si è spogliato di ogni scrupolo e di ogni pietà.
Quella che Ellroy passa al setaccio è l’ America tra il 1958 e il 1963, gli States dell’ entourage dei potentissimi Kennedy soprattutto, con gli annessi e connessi di quei roventi anni freddi conclusi tra grumi di cervello sulla decappottabile presidenziale sulle strade di Dallas.
La mercificazione della nostalgia ci propina un passato che non è mai esistito(…) Soltanto una verosimiglianza senza scrupoli (la sottolineatura è nostra) è in grado di rimettere tutto in prospettiva.
E’ più di una premessa: è la scalata di campo, la cifra ideologica e politica con la quale Ellroy rimisura l’ America di Jack Kennedy e le menzogne che continuano a vorticare intorno alla sua fiamma eterna. Un campo desolante e desolato sul quale si muovono poliziotti corrotti, artisti del ricatto, assassini, intercettatori, soldati di fortuna e cabarettisti froci, un esercito di violenti e di assassini, assetati di potere e di dollari.
Sto dicendo – afferma ad un certo punto uno dei protagonisti del romanzo a proposito dell’ imminente assassinio di Jack Kennedy – che la gente lo vorrà ricordare come qualcosa che non è mai stato.
Ovvero: il copione dello spettacolo era già stato scritto, il dolore artefatto per la salvezza della coscienze. L’ innocenza insomma doveva ancora una volta essere preservata: una verginità – avverte però Ellroy – già persa sulla nave durante il viaggio di andata (…) senza alcun rimpianto.
In Uncle Sam, Alex Ross invece scardina il mito USA dall’ interno: il suo è una sorta di suicidio morale (finalmente l’autocoscienza!) da cui non si può prescindere. Un cancro visionario, benefico ed orrendo allo stesso tempo, che corrode definitivamente l’immagine del paese sentinella della libertà mondiale, un paese che in realtà ha sempre giocato sporco, un paese dove le parole dei politici e dei generali hanno sempre puzzato di tradimento, dove i soldi sono sempre stati più importanti della vergogna.
Uncle Sam è perciò una dolorosa ri-cognizione, l’ impietosa e catartica riscrittura dei nodi cruciali della storia stars and stripes. Nelle pagine di Uncle Sam si condensano infatti gli eccidi della secessione, la distruzione della nazione indiana, la questione razziale, le disuguaglianze sociali: tutto quello cioè che è stato prodotto dal più grande arsenale mondiale della democrazia.
Era ora che il revisionismo “buono” facesse i conti con i sensi di colpa di molti tra intellettuali ed artisti statunitensi – si pensi a Spielberg e al suo Private Ryan – e puntasse l’ indice sul senso e la necessità dell’ agire storico, o di quello che per tale è stato sempre spacciato. Quella di Ross è una discesa agli inferi nella storia attraverso la presa di coscienza dello stesso simbolo americano per eccellenza: l’ additante Zio Sam.
Ross con il tratto straordinariamente nitido del suo segno grafico, ci consegna un Uncle Sam bavoso ed irriconoscibile, barbone e pisciasotto: in apparenza un vecchio rimbecillito alla deriva per la nazione nella quale identificarsi ha perduto ogni senso: egli è il primo anzi ad aver smarrito ogni motivazione. Eppure questo pazzo che si aggira all’interno delle proprie angosce – meglio: di quelle che egli stesso ha prodotto e delle quali è stato testimonial – è l’ unica mente lucida in grado di lacerare il volto della superpotenza e metterne a nudo – machiavellisticamente – di che lacrime grondi e di che sangue. Ma non solo: nel suo sbandato pellegrinaggio Zio Sam incontrerà Albione, Marianne e l’Orso, icone decrepite e ormai disingannate di nazioni (Inghilterra, Francia ed ex Russia) alla ricerca disperata del senso del loro esistere.
Oltre al tema, ciò che accomuna American Tabloid e Uncle Sam è la scrittura: cristallina, accecante, diretta. Sabbie mobili verbali e visive dalle quali si rimane risucchiati; peggio: un colpo dannatamente basso. La Historia edulcorata e politicamente corretta è raschiata con brutalità fino a farne emergere un’ altra, indicibile e meschina. E se Ross utilizza l’espediente narrativo del flash-back, catapultandosi con gli occhi nuovi nei vecchi orrori, tira poi – in itinere – le somme, opponendo alla focalizzazione interna (Zio Sam che si costringe a rivivere e a raccontare la storia americana) lo straniamento di chi osserva e partecipa ormai senza divisa, senza mostrine, senza cilindro e calzoni a righe: lo stesso Zio Sam, finalmente umanizzato, che si auto-giudica.
E’ duro ammetterlo ma con Ellroy e Ross l’ America finisce per smarrire per sempre il sapore del ricordo e dell’ innocenza.

James Ellroy: American Tabloid, Bestsellers Oscar Mondadori 1997, pagg. 667. £. 15.000.

GIUDIZIO capolavoro

 

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