Accendendo la miccia
Da Thor vol.II n.36 (giugno 2001)
Edizione italiana: Thor & I Vendicatori 34 (Gennaio 2002)
Comic-Book (17×26), Spillato, Colore
Prezzo di copertina: 3.900 (Lire)
Marvel Italia)Panini Comics
Testi: Dan Jurgens
Matite e chine: Walter Taborda
Recensione di Daniele Cerboneschi
LA TRAMA
Un furioso Odino ha tolto a Thor ogni privilegio derivante dal suo status divino, confinandolo irreversibilmente nel corpo mortale di Jake Olson, corpo che peraltro versa in pessime condizioni derivanti da una grave ustione.
A complicare le cose ulteriormente ci pensa Loki, che approfittando della situazione, cercherà in tutti i modi di schiacciare definitivamente l’ormai destituito dio del tuono.
I TESTI
Sulla copertina si legge un trionfale “Il ritorno degli eroi” che a mio avviso, da parecchi mesi a questa parte, andrebbe sostituito con un meno altisonante ma più realistico “Il crepuscolo degli eroi”.
Niente di meglio del Thor di Dan Jurgens può testimoniare e fornire un lampante esempio della pericolosa involuzione subita dal fumetto supereroico, clamorosamente affetto della sindrome del “già visto”, affezione inevitabile per testate e personaggi che stanno sulla cresta dell’onda da svariati decenni.
I testi di Jurgens sono l’apoteosi della banalità, i suoi personaggi hanno una caratterizzazione monocorde. Di essi vengono privilegiate ed enfatizzate le peculiarità consolidate e quindi storiche, trasformandoli di fatto in marionette che fanno tutto e solo quello che ci si aspetta da loro. Qualche esempio? Lady Sif è la perfetta e stereotipata donna-virago, Balder un boy-scout in mutande di latta, Loki, un tempo astuto e politropo, diventa un cattivo da film di gangster di serie b, Volstagg si guarda bene dall’abbandonare il proprio spartito di folkloristico e famelico ciccione, Odino esaspera le sue caratteristiche di vecchio trombone saccente.
Tale appiattimento nelle caratterizzazioni colpisce ovviamente anche il protagonista della testata. Il già ipertrofico ego del biondo dio viene ulteriormente dilatato, le sue reazioni emotive e comportamentali sono davvero prevedibili, poco superiori a quelle di un orango.
Anche dal punto di vista delle trame le cose vanno male. Jurgens diventa vittima di un personaggio che da subito ha reso troppo potente, anzi onnipotente.
Non è mai facile padroneggiare supereroi con poteri troppo vasti, innanzitutto perchè diventa scomodo trovare un antagonista all’altezza e poi perché diventa oltremodo difficile mantenere alta la tensione narrativa.
Il Thor di Jurgens è un crescendo di esagerazioni ritualizzate, gli scontri diventano balletti pessimamente coreografati in cui si sa sempre cosa accadrà nella vignetta successiva, seguendo pedissequamente una dinamica così consolidata da divenire consunta: al primo incontro con avversari man mano sempre più potenti, Thor ha la peggio, si salva a stento ma poi ha sempre la possibilità di una rivalsa da cui conseguire l’ovvia vittoria finale.
Solito deus ex machina nelle sue vicende è il Mjolnir, divenuto nelle poco sapienti mani di Jurgens un’arma micidiale e imbattibile, dotata come è dei più impensabili optional (non ultimo il pacchiano Raggio di Antiforza) .
Peccato perché gli inizi della sua gestione erano sembrati davvero promettenti e l’atmosfera che si respirava era quella giusta. Ma la linea di confine tra una narrazione epica ed una iperbolica è davvero sottile, troppo sottile per il grossolano Jurgens.
Persino il suo tentativo di aderire al motto “SuperEroi con SuperProblemi” si rivela un fallimento; si gioca la carta della doppia identità, costringendo Thor nei panni mortali di Jake Olson, una specie di Donald Blake dei poveri che avrebbe dovuto perlomeno fornire qualche nuovo sviluppo narrativo, facendo sterzare la serie su atmosfere soap-operistiche, nella speranza (col senno di poi vana) di ampliare e approfondire la sfera umana del granitico protagonista.
Ma fare tale tentativo senza creare un cast di comprimari all’altezza (cosa che Jurgens si è guardato bene dal fare) non può che produrre risultati modesti.
Lo stesso Jake Olson ha la carismatica personalità di un ferro da stiro, un malriuscito ibrido uomo-dio che non convince né in un verso né nell’altro. E che dire poi del solito escamotage narrativo basato sull’immancabile litigio tra Odino e Thor, con conseguente punizione ed esilio sulla Terra? Ma quante volte sarà successo? Meglio non contare…
I DISEGNI
Se prima almeno i retorici testi di Jurgens erano in parte controbilanciati dalle matite del maestoso John Romita Jr o da quelle dell’elegante Andy Kubert, adesso ci troviamo dinanzi alle tavole dello sconosciuto Walter Taborda.
I suoi disegni sono estremamente sgraziati, poco eleganti, assolutamente inadeguati ad una narrazione che per forza di cosa, data la natura del personaggio, deve essere sopra le righe ed enfatica.
Come non bastasse, alcune delle sue tavole sono soffocanti, con eccessi di barocchismo davvero fastidiosi.
L’inchiostrazione è decisamente mediocre, quasi affrettata e persino la colorazione desta perplessità, troppo uniforme e monotematicamente orientata su toni freddi e tinte pastello, con un effetto finale che ha un che di caricaturale davvero poco realistico.
CONCLUSIONI
Ovviamente si sconsiglia l’acquisto, anche alla luce dell’ennesimo aumento del prezzo di copertina, che ha tutta l’aria di un vile arrotondamento, ispirato fin troppo vistosamente dall’arrivo dell’euro, e sulla cui necessità preferisco stendere un velo pietoso.
GIUDIZIO |