RIPROPOSTA
Dopo tanti comics USA spostiamoci in Giappone per rivedere un bellissimo Anime che nel 2002 fu proiettato in poche sale cinematografiche italiane e che invece è stato definito da James Cameron ‘Una pietra miliare nel mondo dei film d’animazione’.
Mario Benenati
Osamu Tezuka’s Metropolis
regia: Rintaro
sceneggiatura: Osamu Tezuca e Katsuhiro Otomo
Productions/Metropolis Project
distribuzione DVD Columbia Tristar
(1 disco per il film e 1 per i contenuti speciali)
durata: 104′
prezzo orientativo 29 euro
(nel 2019 acquistabile a 14,00 euro su Amazon)
Recensione di Fabio Ciaramaglia
Osamu Tezuka’s Metropolis
Non ci saranno mai sufficienti parole per descrivere l’impatto del contributo di Osamu Tezuka (1928-1989) per ciò che riguarda la caratterizzazione e lo sviluppo del mondo dei manga e dell’animazione giapponese. La rete è letteralmente già piena di siti, articoli e recensioni dedicati a colui che in patria è soprannominato il ‘dio del manga’, eppure sembra sempre che qualcosa di nuovo si possa aggiungere. Comunque possono parlare già alcuni semplici dati: la serie animata Astroboy (Tetsuan Atom; 1963) è tra le prime a essere prodotte in Giappone; il manga della Principessa Zaffiro (Ribbon no kishi; 1954) è considerato da alcuni il primo shojo-manga; Kimba il leone bianco (Jungle Taitei; 1950) è il primo anime a colori e inoltre contiene già molte delle tematiche sfruttate da The Lion King (1994) della Disney (tanto che si parlò perfino di una richiesta di scuse ufficiali); solo per ciò che riguarda i fumetti si contano circa 75.000 pagine in cui ha lavorato come scrittore e disegnatore; si è parlato anche di una possibile candidatura al Nobel per la letteratura (l’articolo è del 2003, nda).
Osamu Tezuka’s Metropolis
Lo scorso anno ho visto al cinema un’elaborazione animata di un suo manga, ovvero Osamu Tezuka’s Metropolis. La regia è di Rintaro (già collaboratore di Tezuka in Astroboy e Kimba così come di Leiji Matsumoto per Capitan Harlock e Galaxy Express 999), mentre alcune piccole variazioni alla trama originaria sono dello sceneggiatore Katsuhiro Otomo (che molti conosceranno per lo sconvolgente Akira). Per me è stata sicuramente una folgorazione anche se questa si è attenuata quando ho scoperto che soli due cinema lo proiettavano su circa una cinquantina che sono a Roma (magari in altre città la situazione è stata diversa); inoltre, qualche cinema che decideva di buttarsi sull’animazione preferiva il disneyano Lilo e Stitch e il tempo di permanenza di Metropolis nelle poche sale si è ulteriormente ridotto. Non è questa la sede di polemizzare sul quasi-monopolio nel campo del cinema d’animazione esercitato dalla Disney di poco attenuato dai successi della Dream Works, ma sta di fatto che i film giapponesi, che nell’ultimo decennio hanno fatto un salto di qualità enorme, sono sempre più bistrattati dai nostri distributori. Personalmente, per esempio, io non sono riuscito a vedere al cinema La Principessa Mononoke di Miyazaki e forse il fatto che il distributore al di fuori del Giappone sia la Buena Vista (ovvero Disney) non è un caso; ma anche altri prodotti sono bistrattati e basta guardare ciò che sta accadendo con il film su Corto Maltese.
Torniamo a Metropolis di Tezuka. Originariamente il manga si inseriva in una trilogia fantascientifica: Lost World (1948), Metropolis (1949) e Next World (1951). Come si intuisce, Metropolis è chiaramente ispirato all’omonimo film di Fritz Lang (1926), ma molti elementi sono propri del manga (la sottotrama dell’investigazione, per esempio). Rintaro aveva già cercato di convincere Tezuka a una elaborazione animata della trilogia, ma la collaborazione si era più volte arenata su dettagli. Dopo la prima di tante collaborazioni tra Rintaro e Otomo per Harmageddon (1983) i due hanno deciso, nel 1997, di portare sul grande schermo Metropolis. Ho parlato di alcune variazioni rispetto al manga: alcune caratteristiche grottesche dei personaggi (le gambe enormi) sono state addolcite, il personaggio di Tima è diventato decisamente femminile (era un androgino) ed è stato inserito il personaggio-chiave di Rock (già comparso in altre storie di Tezuka).
La Trama
La trama del film è la seguente.
In una ‘città-stato’ di nome Metropolis, caratterizzata da edifici imponenti, è stata da poco realizzata un’enorme struttura chiamata Ziggurat, che la domina dall’alto. Da essa decide i destini del popolo il Duca Red che, grazie anche alla organizzazione parafascista Malduks capitanata da suo figlio Rock, è il capo di un vero e proprio governo-ombra. I formali governatori non sono che fantocci e le loro ambizioni sono presto falciate nel sangue. Il desiderio più grande di Red è di mettere a capo non solo di Metropolis ma del mondo intero un androide che ha le fattezze di sua figlia Tima. Il dottor Laughton, una sorta di cinico ingegnere genetico, sta lavorando per costruire Tima. Purtroppo per Red, tante cose succedono nel frattempo per complicargli i piani. La città è costruita su più livelli e più si scende in basso e più gli abitanti appartengono a classi degradate: al livello più profondo ci sono solo dei robot-spazzini che tengono in ordine tutti gli enormi macchinari che permettono alla città superiore di esistere. I robot sono la classe più sfruttata, ma anche quella che ne meno coscienza della propria situazione. A qualche livello più in alto però c’è chi prepara una sommossa (Allas) per recuperare il proprio spazio perduto in superficie (una vera e propria rivolta operaia). Dal Giappone intanto giungono Shunsaku Ban e suo nipote Kenichi che stanno investigando su Laughton per traffico di organi umani. Anche Rock si interroga su Laughton e i rapporti con suo padre, tanto da arrivare a distruggere il laboratorio dello scienziato spinto da un innato razzismo nei confronti dei robot e da una forte gelosia di un essere che potrebbe prendere il suo posto nei pensieri di Red. Ma Kenichi salva Tima e da quel momento, tra colpi di scena e inseguimenti, catture e sommosse, il destino di Metropolis viene segnato e tutte le mastodontiche costruzioni crollano: la prima a cadere è proprio quel Ziggurat per ripetere la storia biblica della Torre di Babele come sfida estrema e vana dell’uomo alla divinità.
Perché vedere il film?
Molti sono i motivi per vedere questo film. Gli appassionati di animazione possono vedere un perfetto connubio di animazione classica e di effetti digitali: le panoramiche sulla città e le inquietudini dei bassifondi sono resi in maniera impressionante. L’impianto della storia è costruito molto bene. Alla base c’è una storia d’amore che non fa in tempo a sbocciare tra Kenichi e Tima: il momento della tragica separazione tra i due è scandita dalla canzone ‘I can’t stop loving you’ e dal contemporaneo crollo della città. Tutto questo però è sfumato dall’alienazione della città stessa e dai problemi esistenziali di Tima (‘chi sono io?’ chiede prima di sparire). È stata robot o umana la povera Tima? Tutto questo sembra essere un miscuglio di Metropolis di Lang e di Blade Runner di Scott. Bisogna ammettere che ci sono alcune sbavature: fino alla fine non si capisce se davvero Red è padre di Rock (un vero e proprio ‘bambino viziato’) e né tanto meno se Tima è una figlia che avrebbe voluto o una che è stata perduta, ma forse questa ambiguità di fondo è voluta. L’inizio del film è troppo confuso e lo spettatore tende a dare importanza a personaggi che, nell’economia della trama, sono pressoché ininfluenti (parlo dei gerarchi di Metropolis e del tragico robot-ispettore Pero, per esempio), ma anche questo potrebbe essere un effetto voluto di rappresentare l’alienazione e l’inconoscibile che caratterizza questa città futuristica: si incontra una persona, la si ritiene importante e poi non la si vedrà più in tutta la vita, oppure si ignora uno sconosciuto che diventerà fondamentale per la propria esistenza. La colonna sonora (di Honda Toshiyuki) è caratterizzata da canzoni swing e jazz e fanno entrare lo spettatore in un’ambientazione di altri tempi; la scelta dei motivi è inoltre molto accurata (ho già parlato della canzone per Tima). Tutto il film è infine influenzato dalla caratteristica shakespeariana di Tezuka di mescolare il comico e tragico, quella creazione di ‘personaggi buffi tra i seri’ (la definizione è di Luca Raffaelli) che, se in una prima fase della storia dell’animazione mondiale apparve come contrasto un po’ stridente, ora è diventata una decisa particolarità dei manga e degli anime giapponesi. Mi riferisco, nel film, agli episodi inerenti soprattutto a Shunsaku Ban che, per esempio, mentre cerca disperatamente il nipote disperso, pensa bene di ‘assaggiare’ il cibo di un venditore ambulante pronto a inseguirlo per essere pagato; oppure al momento in cui si sta preparando la sommossa (che fallirà tragicamente e che sfocerà anche nella morte di Pero) e Kenichi e Tima scherzano sulle dimensioni XXL dei pantaloni che dovrebbe indossare la gracile ragazzina-androide.
Amore frustrato, desideri di onnipotenza, gelosia e lotta sociale, il tutto condito con leggeri tocchi umoristici, sono le caratteristiche principali di questo film che io ritengo personalmente eccellente: chi l’avesse perso, può procurarsi finalmente il DVD di questo che è stato definito da James Cameron ‘Una pietra miliare nel mondo dei film d’animazione’.
Aggiornamento
Del film esiste anche una versione in DVD dell’aprile 2009, che si compone di un solo disco, acquistabile su amazon a 10,28 euro; ed una versione in Blu-Ray del marzo 2017, in giapponese con sottotitoli in inglese (edizione inglese composta da due dischi) al prezzo di 28,57 euro.
Bibiografia minima
Luca Raffaelli: Le Anime Disegnate, Roma, Castelvecchi, 1994
Consiglio di consultare gli ‘special contents’ contenuti nel disco 2 del DVD: da questo ho tratto molte informazioni inerenti la lavorazione del film. Per l’appassionato è utile anche il sito curato dalla Hazard Edizioni che da alcuni anni si è impegnata a ristampare le opere di Tezuka: il link seguente è una breve biografia dell’autore: http://www.hazardedizioni.it/ .
Tra i vari siti dedicati a Tezuka vi consiglio anche http://www.geocities.com/Tokyo/Harbor/7425/tezukabib.htm con una cronologia delle opere principali del Maestro e la recensione di Giuseppe Condorelli su La storia dei tre Adolf
Ringrazio infine Roberto della concessione del suo ‘home-theatre’ che mi ha fatto beneficiare di tutte le potenzialità strettamente cinematografiche del film, che spero siano state ben accolte anche da lui e dagli altri spettatori Emilio e Gian Pietro.