I ROBOT A FUMETTI

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RIPROPOSTA


Questo articolo fu il secondo di una serie che tentò di analizzare il mondo delle tecnologie nei fumetti. Il primo era Il computer a fumetti .
Marcello Vaccari

ROBOT A FUMETTI

di Marcello Vaccari
con la supervisione di Max Brighel

I robot esistono nella letteratura fantastica da lunghissimo tempo.

Quello di costruire la vita (o una parvenza di vita) dalla materia inanimata è uno dei sogni primordiali dell’uomo: può essere fatto risalire alla Bibbia, e precisamente alla Genesi, dove Dio crea Adamo costruendolo con l’argilla e poi infondendogli la vita. Nel suo spirito di emulazione, l’uomo tenta infatti fin dalla notte dei tempi di emulare Dio stesso e quindi di infondere la vita in creature altrimenti inanimate.

In letteratura, il primo classico riferito alla creazione di un essere artificiale è da sempre considerato Frankenstein di Mary Shelley (1818), in quanto il dottore usa una strumentazione vagamente scientifica e, per muovere la sua creatura, utilizza l’energia elettrica, studiata solo da pochi anni da Volta.

La parola “robot”, invece, deriva dal ceco “robota” che significa “lavoratore”. Viene usata per la prima volta nel dramma teatrale R.U.R (1921) del cecoslovacco Carel Capek. La società “Russom’s Universal Robots” (da cui il titolo) produce instancabili lavoratori artificiali, che nel corso della storia si ribellano ai loro padroni, tema che è poi rimasto un classico del romanzo di fantascienza. Già nel 1926 abbiamo un primo robot cinematografico: Maria, nel celeberrimo film Metropolis di Fritz Lang.

Tra il 1940 e il 1941, Isaac Asimov, con la collaborazione dell’editor John Campbell, elabora le mitiche Tre Leggi della Robotica, diventate poi un punto fermo della letteratura fantastica.

Man mano che la materia si evolve, vengono fatte delle distinzioni, e oggi si possono trovare tre tipi fondamentali di creature artificiali. Il primo è quello dei robot veri e propri, che sono in tutto e per tutto delle macchine, possono o meno avere forma antropomorfa (ma sono sempre ben riconoscibili come automi), e vengono utilizzati per sostituire l’uomo nei lavori di fatica (i robot sono ormai entrati nella nostra vita comune da anni, ma ancora nessuno di quelli normalmente utilizzati è antropomorfo).

Gli androidi

Il secondo è invece quello degli androidi, macchine costruite per essere il più possibile simili all’uomo e non di rado composte da materiali che mimano i tessuti umani fino a essere quasi indistinguibili da essi. La parola “androide” deriva dal greco e significa “simile all’uomo”. Questo termine viene da molto lontano, dal 1727 quando l’alchimista Albertus Magnus la usava per definire esseri viventi creati dall’uomo per via alchemica, ma è divenuta di uso comune solo negli anni 50 quando la parola “android” apparve in alcuni racconti di Jack Williamson.

Il cyborg

Il terzo tipo è il cyborg, un incrocio tra l’uomo e la macchina, dove generalmente del primo rimane ben poco – a volte il solo cervello! La parola “cyborg” è la contrazione di “cybernetic organism”, che indica la fusione organica tra uomo e macchina. La Cibernetica è però stata inventata dal matematico americano Norbert Wiener quando, nel 1948, diede alle stampe il suo fondamentale Cybernetic, e il termine deriva dal greco Kubernetikòs che significa “atto a dirigere”.

Se escludiamo il clone, che però è abbastanza difficile inquadrare nella categoria dei robot, in quanto essenzialmente un essere vivente a tutti gli effetti anche se riprodotto con metodi più o meno artificiali, possiamo aggiungere che moltissime varianti, o gradi intermedi, delle categorie precedenti appaiono nella moderna fiction fantastica.

I robot nei fumetti

Ma veniamo al media che ci interessa più da vicino. Nei fumetti, i robot appaiono molto presto, e vanno di pari passo con i romanzi di fantascienza. Uno dei primi è certamente Astroboy, personaggio creato del giapponese Osamu Tezuka all’inizio degli anni 50. Creato dal padre scienziato su una base umana (il figlio morto in un incidente), il giovane robot Astroboy diventa in poco tempo il protettore di una Terra dove vigono le tre leggi della robotica di Isaac Asimov. Grazie alla trattazione di tutta una serie di temi scottanti come il razzismo e la clonazione, già in quest’opera, Tezuka dimostra di precorrere i tempi e le mode di circa 50 anni…

Passando al campo dei supereroi, il vecchio Superman ne ha incontrati a migliaia, e se ne è servito già molto tempo fa: negli anni 50, troviamo infatti già i primi super-robot creati da lui stesso, e in tutto e per tutto a lui simili. In effetti, sebbene mimassero tutti i poteri di Superman, erano abbastanza fragili e tendevano a farsi distruggere un po’ troppo facilmente, ma lo servivano egregiamente – almeno per difenderne l’identità segreta! Questi robot lo seguiranno per molti anni, per poi essere trovati troppo invadenti ed essere messi fuori combattimento con una scusa decisamente banale: il forte inquinamento dell’aria ne ha infatti danneggiato i delicati circuiti – ma non erano anche invulnerabili? Nella versione attuale, Superman non ha mai creato nessun robot-sosia. Anche Batman negli anni 50/60 si è fatto talvolta sostituire da un sosia robot – e anche Robin! -; e altri robot, di solito inviati dal cattivo di turno, scorrazzavano praticamente per tutte le testate già dagli anni 40, dando del filo da torcere ai vari eroi. Ma la DC Comics non ha mai fatto un uso dei robot così massiccio come invece ha fatto e fa tuttora la Marvel.

Fin dai primissimi numeri, i Fantastici Quattro si trovano a combattere non solo con robot, ma anche con gli incredibili androidi del Pensatore Pazzo, e praticamente tutta la loro storia è legata a doppio filo con questi esseri cibernetici. È oramai impossibile capire quando il Dottor Destino agisce in prima persona e quando è sostituito da uno degli innumerevoli robot forgiati a sua somiglianza.
Iron Man è, a tutti gli effetti, un cyborg: in origine, infatti, la sua armatura lo proteggeva dalla scheggia che stava per entrargli nel cuore, e lui era costretto a indossare perennemente la piastra pettorale. Più avanti, il suo alter ego Tony Stark ha tolto la scheggia ma, a causa di un incidente, si è dovuto poi fare impiantare un chip nella colonna vertebrale per poter camminare. Ultimamente, poi, la sua fusione con le macchine sembra essere ormai completa…

Nello S.H.I.E.L.D. sono sempre molto in voga gli L.M.D. ovvero “Life Model Decoy”, androidi che vengono usati essenzialmente per sostituire i personaggi più importanti nel caso di possibili attentati. Perfino Spider-Man, pur non essendo un personaggio molto tecnologicizzato, si trova a dover fronteggiare la minaccia di un robot cattivo già da uno dei primi Amazing Spider-Man datati 1964. Gli esempi di personaggi robotici nell’universo Marvel si contano a decine: da Ultron il malvagio robot di adamantio, al cyborg Deathlok (o il suo quasi gemello Coldblood), poi Machine Man, Jocasta, la Torcia Umana originale (un personaggio che risale addirittura agli anni 40), la Visione, Testa di morte e tanti altri.

Nel cosmo DC non sono poi tanti: Cyborg (dei Teen Titans), Red Tornado (della vecchia Justice League), Matrix l’androide mutaforma che ha preso le sembianze e il ruolo di Supergirl, il vecchio Brainiac, Robotman della Doom Patrol e pochi altri.

La cosa più strana da notare è che, nonostante l’evoluzione dei robot nella fantascienza e nei fumetti sia stata contemporanea, in quelli di supereroi non sembrano essere mai arrivate le famigerate Tre Leggi della Robotica inventate dal compianto Isaac Asimov. Infatti, i robot fumettistici hanno quasi sempre la prerogativa di compiere stragi di innocenti o altre turpi azioni, almeno finché non interviene l’eroe di turno a fermarli. Ultimamente, nei fumetti, gli esseri artificiali, o semi-artificiali, tendono a essere sempre più delle macchine di morte e distruzione, e questo filone lo si può trovare in maniera preponderante nelle serie della Marvel UK come Death’s Head, e in quelle legate ai mutanti X. Per esempio, le oramai mitiche Sentinelle e il gruppo dei Ravagers su X-Men, nonché la miriade di personaggi con innesti meccanici vari che infestano le pagine degli Uomini X. Senza contare la proliferazione di individui in armatura robotizzata che, seguendo le orme di Tony Stark, sono cresciuti a dismisura.

Il bello è tuttavia che differenti autori Marvel possono dare differenti visioni dello stesso personaggio. Per esempio, la tragicità di un robot come l’Ultron di Ann Nocenti non ha altri paragoni in campo Marvel, dove questo malvagio non era mai stato visto come una persona. La Visione ha subito varie trasformazioni fino a sposarsi addirittura con una umana, la bella Scarlet, sotto la regia di Steve Englehart; mentre con John Byrne ai testi è diventato un freddo robot senza emozioni. Machine Man, inventato dal grande Jack Kirby, è un personaggio molto interessante per la sua piena consapevolezza di essere un meccanismo creato dall’uomo e la sua voglia di dimostrare che l’umanità va oltre l’essere fatti di carne. Questo personaggio molto profondo è stato però poco e male utilizzato, e solo con la miniserie Machine Man di Tom DeFalco & Barry Windsor-Smith abbiamo potuto avere un buon saggio delle sue potenzialità.

Comunque, la serie più significativa sui robot, non è né Marvel né DC, ma Valiant, e risponde al nome di Magnus Robot Fighter. Protagonista di un western trasposto nel futuro, Magnus è un personaggio che presenta caratteristiche incredibilmente simili al nostro Tex Willer – non a caso la prima serie degli anni 60 fu importata in Italia proprio dalla casa editrice di Bonelli sulla mitica Collana Oceano. Invece delle pistole, Magnus usa le mani, ma è svelto quanto Tex, intollerante nei confronti delle autorità molli e corrotte esattamente come il Nostro, mentre i robot con cui combatte sostituiscono ovviamente gli Indiani… Magnus si muove in un mondo dove una parte dei robot è divenuta senziente per uno strano incidente, e lui è sempre pronto a combattere dalla parte degli Innocenti e dei Deboli, siano essi umani o robot.

Nella prima serie della Valiant, nei primissimi numeri scritti da Jim Shooter, l’eroe riesce a sventare una disastrosa guerra tra robot ribelli e umani, in una maniera che ricorda veramente da vicino alcune delle migliori storie di Tex, dove il Nostro fa altrettanto nei confronti degli indiani. In questa serie – creata nel 1963 con gli splendidi disegni del compianto Russ Manning -, i robot sono sempre chiaramente identificabili come tali, ciononostante agiscono esattamente come gli Umani. Gli autori hanno potuto giocare su questo fatto per realizzare alcune sequenze davvero impressionanti: per esempio quella in cui un robot senziente viene legato ad un tavolo operatorio e alcuni tecnici iniziano a smontarlo (in pratica a vivisezionarlo), incuranti del fatto che questi reagisca urlando. Una scena da lager nazista! Naturalmente, Magnus interverrà in favore del malcapitato robot, intuendo che in lui c’è qualcosa di più che qualche circuito guasto come asseriscono i suoi aguzzini. Con queste premesse, gli autori della Valiant hanno creato delle buone storie, che riescono ad analizzare i vari aspetti della vita robotica con una ottica molto moderna e azzeccata, anche se priva di quell’eccessivo tecnicismo in stile cyberpunk che troviamo nelle pur buone storie della rivista italiana Cyborg.

Un buon utilizzo dei robot viene fatto anche nella autoctona Nathan Never, dove ne troviamo di tutti i tipi: da quelli tradizionali agli androidi e ai cyborg. Qui vengono normalmente rispettate le Tre Leggi della Robotica, anche se gli autori hanno introdotto un modo per aggirarle, potendo così creare alcuni androidi di notevole personalità.

È certo che, parlando di robot, i Giapponesi non sono di sicuro secondi a nessuno, ma questa è un’altra storia, che prima o poi vi racconteremo in esteso….