AMERICAN VIRGIN 2
Testi di Steven T. Seagle, disegni di Becky Cloonan e Ryan Kelly
128 pp., colore, brossurato, formato 17×26, € 9.95
Planeta/De Agostini
Articolo originario pubblicato in “IN DUE PAROLE /001 – settembre 2007”
Il giovane predicatore Adam Chamberlain continua la sua odissea personale tra l’es e il super-io. Interessante e ben disegnata, la storia prosegue bene pur senza una forte spina dorsale.
di Fabio Graziano
Proseguono le avventure di Adam Chamberlain, giovane predicatore cattolico diviso tra una crisi ormonale adolescenziale e fortissimi principi morali da zelota. Privato tragicamente dell’amore della propra fidanzata, uccisa a sangue freddo da un gruppo di terroristi, Adam insegue un’amara e costosa vendetta.
“American Virgin” è l’emblema di tutto ciò che non va nelle attuali serie Vertigo. Lo storico imprint maturo della DC Comics ha perso da tempo molto del suo splendore, sfornando pochissimi successi commerciali a fronte di infiniti progetti, pur validi in assoluto, stroncati dalle classifiche di vendita. Il fumetto di Seagle e della Cloonan è intrigante e ben scritto, e gioca bene attorno all’ambiguità del mondo del protagonista, saturo di ipocrisie, e delle situazioni proposte, spesso forti ed esplicite. Sembra di leggere un serial tv alla “Lost”, con una scrittura brillante che finge di rompere dei cliché senza in realtà allontanarsi troppo dalle indicazioni del manuale di sceneggiatura (e, di conseguenza, dalle certezze del pubblico). Eppure, nonostante le interessanti potenzialità, la ragion d’essere della storia da sempre più la sensazione di essere appesa a un filo. Manca una linea guida forte e “iconica”, come nei grandi successi Vertigo. Insomma, riassumere in due parole la trama di “American Virgin” sarebbe un’impresa. Al contrario, ad esempio, dei maggiori hit di cui sopra, per i quali basterebbero slogan essenziali come “un pastore texano alla letterale ricerca di Dio” o “i personaggi delle favole trasferiti nel mondo reale”. Il conflitto di “American Virgin” è così flebile che se questo secondo volume fosse stato privato delle ultime due pagine, che aprono la strada al prossimo ciclo con un cliffhanger piuttosto pigro, la saga si sarebbe potuta benissimo concludere qui.
Dall’America giungono voci di chiusura per questa collana. Nonostante tutto, è un peccato. Speriamo che gli autori, che dimostrano una buona sintonia, vengano riciclati su un’idea meno dispersiva.
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