RIPROPOSTA
PUTTING THE CHARACTER BACK IN COMICS
di Stefano Samoggia
Quando la Marvel, nel lontano 1961, pubblico’ il primo numero dei Fantastici Quattro, nessuno poteva immaginare quale rivoluzione avrebbe provocato questo nuovo fumetto nel modo di interpretare e raccontare i supereroi.
L’idea geniale che fu alla base della cosidetta silver age, con la rinascita dell’interesse dei lettori per il mondo dei supereroi, fu la felice intuizione di Stan Lee dei “supereroi con superproblemi”. Il concetto che stava dietro questa frase era molto semplice ma efficacie: rendere i personaggi dei comics più reali e vicini ai lettori; non più le città fittizie tanto care alla D.C. Comics (Metropolis, Central City, Gotham City) ma le città reali in cui lettori erano abituati a vivere (New York, Los Angeles, Chicago, ecc.); non più storie autoconclusive, ma una trama in evoluzione che facesse maturare e crescere il personaggio assieme ai lettori (morti, matrimoni, cambi di costume); non più supereroi felici e ammirati, ma persone piene di problemi: complessate, come la Cosa, cieche (!!!) come Devil, o addirittura fuorilegge, come l’Uomo Ragno.
Nel giro di pochi anni nuovi eroi come Devil, Iron-Man, Hulk, I Vendicatori, I Fantastici Quattro, Thor, l’Uomo Ragno, Capitan America (l’unico, assieme a Sub Mariner, che avesse avuto una storia editoriale prima degli anni ’60) diventarono i beniamini del pubblico, entrando nell’olimpo degli eroi americani al fianco di Superman, Batman e company. Poi, lentamente ma inesorabilmente, tutti questi personaggi, soprattutto dopo il periodo d’oro degli anni ottanta, caratterizzato dallo splendido Devil di Miller, dal Thor di Simonson, dal Cap di De Matteis, dall’Uomo Ragno di De Falco e Peter David, dai Fantastici Quattro di Byrne, hanno avuto un lento ma inesorabile declino. Si sono fatti avanti nuovi eroi sporchi e cattivi (Ghost, il Punitore, Moon Knight) e le testate storiche della Marvel, trascurate dagli editor, che hanno preferito spremere il successo delle testate mutanti fino al record incredibile di ben 12 testate mensili (fra testate regolari, special e miniserie), hanno raggiunto livelli qualitativi nei disegni e nelle storie secondi solo al periodo più buio della fine degli anni settanta. Unica eccezzione l’Hulk di Peter David (a modesto parere di chi vi scrive la miglior testata di supereroi sul mercato da dieci anni a questa parte) e poco altro.
Quando si può collocare, allora, l’inizio della rinascita? Per chi non conoscesse bene le vicissitudini editoriali della Marvel Americana, o per chi si è dimenticato quello che è successo da cinque anni a questa parte in America, cercherò di fare un veloce ma esauriente riassunto.
Nel 1991 il fumetto in America viveva un periodo d’oro: tutte le testate nuove vendevano moltissimo, i disegnatori erano famosi come delle rock-star e una copertina speciale faceva raddoppiare la tiratura del fumetto piu’ scarso. Era oggettivamente il periodo in cui i fumetti piu’ venduti non erano necessariamente i piu’ belli, anzi. Sull’onda della fama dei suoi disegnatori, la Marvel in un solo anno (il 1991) apri’ tre nuove testate, due dedicate ai mutanti, e una dedicata all’uomo ragno, dove gli autori, i piu’ famosi disegnatori dell’epoca, Jim Lee, Rob Liefield e Todd McFarlaine, ebbero carta bianca anche per i testi (mi si permetta di escludere i primi tre numeri di X-Men scritti da Claremont). Se da una parte la fama smisurata degli autori, alimentata dalla stessa casa editrice, fece vendere milioni di copie di Spiderman, X-Force e X-Men, dall’altra diede agli stessi disegnatori una forza contrattuale che mai avevano avuto fino ad allora. Delusi dai bassi stipendi offerti loro dalla casa delle idee e affascinati dall’idea di possedere i diritti in toto di personaggi da loro creati, i sei pupilli della casa delle idee (Jim Lee, Todd McFarlaine, Rob Liefield, Jim Valentino, Whilce Portacio e Marc Silvestri) se ne andarono a fondare l’Image. Nel giro di un anno tutti i disegnatori migliori della Marvel e della DC erano sotto contratto per la Image: da Dale Kweon (Hulk) a Jerry Ordaway (Superman), da Marc Texeira (Wolverine) a Mike Greel (Green Arrow). Credo sia innegabile che l’avvento di questa nuova etichetta editoriale e piu’ in generale lo svilupparsi di tante piccole case editrici in quegli anni, diede non pochi problemi alle grosse case editrici come Marvel e DC: per limitare la perdita di lettori, la casa delle idee sommerse il mercato con testate dedicate anche a eroi marginali del suo universo (Cage, NightTrasher, Nova, Deathlock, Morbius, ecc.), convinta, in questo modo, di far leva sul collezionismo dei lettori e di levare spazio sugli scaffali delle fumetterie alle testate di case editrici minori.
Naturalmente, raddoppiando o quasi il numero di testate, fu necessario arruolare nuovi disegnatori e scrittori, magari ancora non maturi, con risultati molto scadenti dal punto di vista qualitativo.
Paradossalmente, secondo me, è da qui che parte la lenta rinascita della casa delle Idee: certo, a causa dell’elevato numero di testate prodotte, per piu’ di un anno la qualita’ media delle testate Marvel è piuttosto scarsa, ma una volta stabilizzatesi le quote di mercato fra le varie case editrici, le cose cominciano a migliorare. Vengono tagliate tutte le testate che non hanno trovato il favore del pubblico, e i giovani autori più validi vengono ridirezionati sulle testate più famose (Gary Frank, Joe Madureira, Angel Medina per fare solo i nomi più famosi). Un po’ per volta ogni personaggio riacquista un team creativo relativamente stabile e, a metà del ’96, la rivoluzione può dirsi completata.
Forte di una qualità ritrovata, soprattutto per i suoi personaggi più’ rappresentativi (Thor, Iron Man e Cap su tutti), anche la pubblicità sulle riviste ha cercato di interpretare questo nuovo spirito: da diversi mesi, sulle pagine delle più quotate riviste di comics e sugli albi stessi della Marvel è apparsa quindi una nuova campagna pubblicitaria, dove i personaggi classici della casa delle idee (Thor, Devil, Iron Man, Hulk, ecc.) vengono raffigurati su uno scarno sfondo bianco con la scritta “Putting the character back in comics” (“riportare i personaggi nei fumetti“). La frase e le immagini si spiegano da sole: via tutti i personaggi secondari che erano saliti alla ribalta nei primi anni 90 (chi si ricorda della serie regolare di Cage o Deathlock, di War Machine o Thunder Strike?) e maggiori attenzioni e risorse sulle colonne storiche della Marvel.
In Italia stiamo purtroppo vivendo, per quello che riguarda soprattutto Thor e Cap, proprio il periodo peggiore, quello della transizione: aspettatevi pero’ da novembre in Italia il Thor di Warren Ellis e Mike Deodato Jr, il Capitan America di Marc Waid e Ron Garney, il Devil di J.M. DeMatteis prima e di Karl Kesel e Cary Nord poi, i Vendicatori di Bob Harras e Mike Deodato Jr, l’Hulk di Peter David e Angel Medina, per non parlare delle testate mutanti, che dall’Età dell’Apocalisse hanno sempre avuto un altissimo standard qualitativo per storie e disegni.
L’aspetto più importante di questo nuovo corso è proprio, secondo me, quello di non voler attirare l’attenzione sul fumetto per gli autori che lo scrivono e disegnano, ma solo per la qualita’ del personaggio e delle storie: “comprate questo fumetto perché ci troverete delle belle storie di Thor, indipendentemente da chi lo disegna e scrive, perché avete la nostra garanzia, la garanzia Marvel, che chiunque scriva o disegni per la Marvel fara’ un buon lavoro.” Questo è il messaggio della nuova campagna pubblicitaria Marvel.
E ALLORA PERCHE’ JIM LEE E ROB LIEFIELD ?!!!
Ho volutamente tralasciato di nominare, in questa nuova rinascita Marvel, i due nomi piu famosi arruolati dalla Marvel negli ultimi mesi, Jim Lee e Rob Liefield, perchè sono sinceramente perplesso per questa mossa promozionale. Se dal punto di vista del marketing, infatti, questa scelta risulta ineccepibile (tutti i titoli che fra qualche mese andranno nelle mani dei due disegnatori Image hanno gia aumentato le vendite), dal punto di vista logistico e qualitativo mi sembra esattamente il contrario di quanto si dice nelle pubblicità, e mi sembra un pericoloso ritorno al passato che citavo allinizio dellarticolo: catturare lattenzione non per la qualità dei personaggi e delle storie, ma solo per chi li disegna. Inoltre almeno tre delle serie che stanno per andare sotto il controllo di Lee e Liefield, (i Vendicatori, Cap, Iron Man) hanno gia subito un restiling ottimo, e stanno vivendo uno dei migliori cicli nella loro vita editoriale. L’esempio piùeclatante è quello di Cap: perché chiamare Liefield, quando Waid e Garney stavano facendo un così ottimo lavoro, rivoluzionando in senso positivo la serie, e restituendole i fasti del periodo di DeMatteis e Zeck?
L’unica serie che aveva effettivamente bisogno di un po’di aria nuova, e che potrebbe avere anche un vantaggio qualitativo dall’arrivo di Lee è i Fantastici Quattro, che ultimamente, fra viaggi nel tempo e realtà parallele, sta vivendo un oggettivo periodo di stanca.
Resto quindi in attesa di vedere le storie, pronto a dar ragione alla vecchia Marvel se le quattro testate, una volta finita la parentesi dei due transfughi Image, sapranno mantenere un buon livello di vendite grazie a belle storie e a buoni disegnatori.
In conclusione, quindi, promuovo il nuovo corso della Marvel quando recupera i suoi personaggi piu famosi, anche utilizzando autori gia affermati (Mark Waid e Warren Ellis su tutti) facendo maturare una nuova generazione di artisti (Joe Madureira, Angel Medina, Ron Garney, Adam Pollina e tanti altri) con storie interessanti e splendidi disegni; rimando a settembre la casa delle idee (lo so che in Italia hanno abolito gli esami di recupero, pero è il concetto che conta!) quando invece arruola i nomi più gettonati (nelle news ulteriori aggiornamenti) di altre case editrici a solo scopo promozionale, sapendo che la collaborazione saràsolo temporanea e, come nel caso di Cap, facendo allontanare un team creativo che stava facendo un buon lavoro.
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