TEX 573: Terre maledette

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080109tex0573TEX 573

Testi di Mauro Boselli,
disegni di Alfonso Font

114 pagine, b/n, brossurato,
formato 21×16, Euro 2,70

Sergio Bonelli Editore

Boselli e Font firmano una storia che ha fatto gridare al miracolo, ma quando ci si abitua a fare le nozze coi fichi secchi diventa fin troppo facile parlare di capolavoro.


Articolo di : Dario Biagiotti

Terre maledette, prima parte di una storia di due numeri che si concluderà con il n. 574 Tornado, è stata accolta dal popolo dei forum su Internet e da molti addetti ai lavori come il ritorno di Tex ai fasti dell’età dell’oro di Gianluigi Bonelli. L’entusiasmo, dovuto ad anni di insopportabile gestione Nizzi, è comprensibile, anche se decisamente esagerato. E’ vero che Boselli costruisce una trama solida, in cui le vicende di una famiglia che emigra da un territorio sterile e falcidiato dai tornado, e quelle di un avvocato in fuga da chi gli vorrebbe tappare la bocca per sempre, si intrecciano grazie al provvidenziale aiuto di Tex, che li accompagna in uno di quei viaggi della speranza tipici del western classico. E’ vero che il tratto di Font trasuda classicismo texiano da tutti i pori, con quelle sue suggestive ambientazioni desertiche fitte di particolari, le scene d’azione dinamiche, e la netta, lombrosiana, differenziazione fisica tra buoni e cattivi.

Il problema, però, è che il prodotto finale appare ancora terribilmente vecchio e sclerotizzato, a maggior ragione se paragonato a ciò che si legge all’estero. I dialoghi sono nella maggior parte dei casi dei lunghi spiegoni (clamorosi quello tra Tex e la famiglia Simms, che dura ben 8 pagine – da p. 76 a p. 83), e lo stesso dicasi per i monologhi interiori (quello di Tex all’inizio, che serve a spiegare il perché egli debba prendere una certa strada, come se al lettore importi qualcosa), e quando si va sull’introspezione escono fuori frasi fatte moraleggianti allo stesso livello di un “Signora mia”.

Ci sarebbe molto da dire sul perché in Italia un’icona come Tex venga scritto per un target di ultracinquantenni, e presenti ancora, nel 2008, piani americani, spiegoni e maschilismo contadino. Per non parlare del modo in cui Boselli trasforma Tex in un automa con la pistola, senza personalità e senza l’ironia che lo ha contraddistinto negli anni d’oro. Per ora, meglio tornare a leggere Il giuramento o Sangue navajo.

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