IMMORTAL IRON FIST 1-6
Testi di Ed Brubaker e Matt Fraction,
disegni di David Aja, Travel Foreman e AA. VV., colori di Matt Hollingsworth
32 pp. colore, spillato,
formato 17×26, $ 2.99 cad.
Marvel Comics
Articolo di Dario Beretta
Se c’è una cosa che la Marvel ha dimostrato di saper fare benissimo, negli ultimi 3 anni, è ridare nuova linfa ai propri personaggi. La famiglia dei Vendicatori ha raggiunto picchi di vendite mai conosciuti prima, distinguendosi al tempo stesso per qualità, con character come Capitan America e Iron Man di nuovo sotto i riflettori dopo anni di anonimato; eroi minori scomparsi da tempo, come Moon Knight e Nova, hanno finalmente delle serie personali interessanti quanto quelle dei loro esordi; per Iron Fist, le cose sono andate addirittura meglio. La nuova collana dedicata a Daniel Rand, infatti, è senza alcun dubbio la migliore tra tutte quelle di cui è stato protagonista o co-protagonista.
Iron Fist (Pugno d’Acciaio, per i lettori italiani) è una delle tante creazioni della Marvel anni ’70 che seguivano le mode del momento. Se Ghost Rider strizzava l’occhio alla pop-culture dei biker, Iron Fist – come Shang-Chi e i Figli della Tigre – era un tentativo di cavalcare il successo di film e telefilm sulle arti marziali, da ”Enter the Dragon” (con il leggendario Bruce Lee) a “Kung-Fu” (il serial interpretato da David Carradine). Creato da Roy Thomas e Gil Kane, Daniel Rand comparve inizialmente sull’antologico Marvel Premiere, per poi debuttare in una propria serie, che ebbe vita breve: appena 15 numeri. Il personaggio non scomparve, trasferendosi sulle pagine di Power Man. Lì strinse con Luke Cage uno dei sodalizi più bizzarri e al tempo stesso duraturi della storia dei fumetti Marvel, tanto che la collana cambiò nome in Power Man and Iron Fist. Alla fine della serie, nel 1986, Pugno d’Acciaio morì. Come per tutti i personaggi dei comics, la sua dipartita fu solo temporanea: ben presto Daniel Rand tornò a fare capolino sugli albi Marvel, senza più riuscire, però, a imporsi stabilmente in un ruolo da protagonista. Heroes for Hire, la serie più longeva in cui Danny abbia avuto una presenza costante in quegli anni, non raggiunse i 20 numeri, e i tentativi seguenti furono decisamente fuori bersaglio.
Oggi, Iron Fist ha finalmente fatto il suo ritorno sulle scene con una serie di qualità, dalle ottime prospettive e che riesce a catturare lo spirito giusto, l’unico con cui il personaggio funzioni davvero: quello dei film di arti marziali cinesi, in particolare di genere wuxia , che l’enorme successo di “Matrix”, opera profondamente influenzata dalla cinematografia orientale, ha contribuito a diffondere anche in occidente. La collana, con i testi redatti “a quattro mani” da Ed Brubaker e Matt Fraction e i disegni di David Aja, richiama infatti lo stesso tipo di atmosfere, calate però nel contesto del Marvel Universe con una grazia che ha dell’incredibile. La saldatura tra l’anima orientale e quella occidentale, tra i fumetti di supereroi e i film come “Hero” o “La Tigre e il Dragone” è talmente perfetta che non si nota nemmeno; i personaggi sono ottimamente caratterizzati e le trame coinvolgenti. Soprattutto, c’è una direzione chiara, un marchio di fabbrica della testata: quello di un fumetto d’azione e arti marziali dal taglio cinematografico, con il gusto moderno e un po’ noir che da sempre caratterizza le opere di Brubaker.
Il primo story-arc, contenuto nei numeri 1-6 della serie, si sviluppa attraverso molti salti temporali che hanno il compito di narrarci qualcosa in più sulla legacy del Pugno d’Acciaio, sugli uomini e donne che hanno portato il nome e il potere prima di Daniel. Proprio uno dei suoi predecessori è anche al centro delle vicende che si svolgono nel presente, nel corso delle quali il nostro eroe imparerà a conoscere e comprendere meglio il proprio retaggio. Il tutto splendidamente raccontato dalle tavole di David Aja, un disegnatore emergente che ha davanti a sé un grande futuro. Il fatto che i flashback siano realizzati da artisti differenti, ma sempre di qualità, come Travis Foreman e Russ Heath, è un altro valore aggiunto in un fumetto che fa dell’atmosfera la sua forza. Il finale, poi, è di quelli che ti fanno imprecare per non poter leggere subito il numero successivo: la vicenda si risolve in modo soddisfacente, ma l’aggancio per il secondo arco narrativo promette storie ancora più avvincenti.
In definitiva, The Immortal Iron Fist è in questo momento tra le migliori letture per un appassionato di comics. Più che consigliata, obbligatoria!
Note:
I primi 6 numeri della serie, qui recensiti, sono al momento inediti in Italia, ma abbastanza facilmente reperibili attraverso Internet; per quanto riguarda le ormai consuete ristampe in volume, l’edizione hardcover è già disponibile, mentre quella softcover è prevista per la fine di ottobre.
(1)Il Wuxia è un sottogenere dei film di arti marziali cinesi caratterizzato in genere da uno scarso realismo, che si traduce in scene di battaglia altamente spettacolari. I protagonisti camminano nell’aria e compiono incredibili evoluzioni, come privi di peso, grazie al sapiente utilizzo di cavi e tecniche di ripresa ingegnose. I film Wuxia sono popolati da protagonisti che rappresentano una perfetta fusione tra la figura del maestro di arti marziali e quella del guerriero nobile, cavalleresco, solitario e votato al sacrificio. Spesso definiti come una versione orientale dei film di cappa e spada, hanno a parere di chi scrive legami molto più stretti con il genere western, come dimostra l’influenza avuta dalla filmografia di Sergio Leone sull’evoluzione del genere.
(2) Letteralmente, eredità; si tratta di un termine che viene spesso usato, nei fumetti di supereroi, per definire il “passaggio di consegne” tra eroi di generazioni diverse, quasi come se la divisa dell’eroe fosse un titolo, un ruolo destinato a persistere nel tempo passando da maestro ad allievo. E’ un concetto molto presente nei fumetti della DC Comics, ma in misura minore anche in quelli della Marvel.
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