CAPTAIN AMERICA: REBORN 1
Testi di Ed Brubaker, disegni di Brian Hitch e Butch Guice
48 pagine, colore, spillato, 17×26, 3.99 $
Marvel Comics
di Paolo D’Alessandro
“Captain America 600” si è chiuso con la rivelazione che Sharon Carter sa come portare indietro Steve Rogers: “Reborn” è la storia di questo ritorno, ma, soprattutto, è il compimento di una serie di lunghe sottotrame che affondano le radici negli inizi della gestione Brubaker. Finalmente scopriamo qual è l’utilizzo del misterioso macchinario costruito da Arnim Zola, e il vero ruolo di Sharon nel piano del Teschio Rosso e di Lukin.
La vera bomba è che il nostro caro Steve è vivo – o meglio, è “intrappolato nel tempo”, e costretto a viaggiare nella sua stessa esistenza esattamente come Billie Pilgrim di “Mattatoio N.5” o Desmond in “Lost”. Ovviamente, non solo Sharon è interessata al suo recupero: entra in scena anche il vecchio Norman Osborn, personalità ormai prominente del Marvel Universe.
Questa apertura è scoppiettante e ben congeniata: Brubaker riesce a bilanciare il suo consueto storytelling, incalzante ma contenuto, con un taglio “widescreen” e spettacolare, garantito anche da un grandissimo Brian Hitch affiancato dal tratto più cupo di Butch Guice. Lo scrittore riesce solo in parte a vincere la scommessa più difficile, quella di dimostrare che “Reborn” può avere dignità propria pur essendo figlia di una serie regolare: nonostante gli sforzi di evoluzione estetica e di leggibilità anche per i newbies, la sensazione di un apparentamento troppo stretto con la testata ammiraglia “Captain America” non riesce a sparire. Solo i prossimi numeri sapranno confermare se questa miniserie – che si è già dimostrata un’ottima lettura – sia o meno solo un arc sotto steroidi.
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