BATMAN: WHATEVER HAPPENED TO THE CAPED CRUSADER
Testi di Neil Gaiman, disegni di Andy Kubert e Scott Williams
128 pagine, colore, cartonato, formato 28×18, $ 24,99
DC Comics
di Paolo D’Alessandro
“Whatever Happened to the Caped Crusader” è, similmente a quanto successo per Superman nel 1986 con il “Whatever happened to the Man of Tomorrow?” di Alan Moore, un bilancio commovente dedicato a un personaggio iconico – questa volta, per l’appunto, Batman – in un momento di cambiamento. Non aggiungiamo l’aggettivo “epocale”, proprio perchè – a differenza di quanto stava accandendo all’Azzurrone e al DC Universe ventitré anni fa con quella Crisis che avrebbe cambiato tante cose, anche e soprattutto a livello metafumettistico – abbiamo di fronte uno status quo alterato da una “morticina” come quella di Bruce Wayne, che ci ha lasciato qualche supplente e un po’ di caos scolastico per i mesi a venire.
Tornando a noi, “Whatever Happened to the Caped Crusader” non si limita ad essere l’omaggio a una sola era, come il suo predecessore, ma abbraccia praticamente tutta la storia fumettistica del Cavaliere Oscuro – con particolare affetto verso la Silver Age di Infantino e soci -, con Gaiman e Kubert a inseguire stilemi e iconografia dei Batman che furono. Anche l’impianto corale di “Man of Tomorrow” viene portato alle estreme conseguenze, in una veglia funebre quasi surreale in cui siedono vicini amici e nemici, ognuno a raccontare la propria versione della morte dello stimato avversario, dell’insostituibile eroe. Non è nascosto l’intendimento principale, narrativo e metanarrativo, dell’operazione: inviduare un paradigma unico – anzi, un archetipo di Uomo Pipistrello, eterno, immutabile e sempre diverso.
Nonostante l’impegno di Gaiman e Kubert, “Whatever Happened to the Caped Crusader” sa di omaggio sentito ma non ispirato, quasi un atto dovuto, se non forzato. Lo scrittore britannico porta avanti lo script senza particolari guizzi, con molte strizzate d’occhio ai fan del pipistrello, una prospettiva e delle idee azzeccate ma poco brillanti, mentre il disegnatore mostra una versatilità quasi insospettabile, che rimane comunque entro i riconoscibili confini dello stile kubertiano. Insomma, un tentativo di “milestone” da leggere come un saluto provvisorio in un momento molto difficile per il Cavaliere Oscuro.