LA STORIA DEI TRE ADOLF

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092701lastoriadeitreadolf1LA STORIA DEI TRE ADOLF

Testi e disegni di Osamu Tezuka
Edito in 5 volumi, 268 pagine, b/n, brossura, formato 13×18, Euro 10.33 cad.
Hazard Edizioni


Recensione di Mauro Valentino

Adorufu ni tsugu, serializzato dal 1983 al 1985 sulla rivista Shukan Bunshun, è un’opera della maturità stilistica di Tezuka. Osamushi qui abbandona la linea rotondeggiante e caricaturale di molta della sua produzione optando per un tratto severo e rigoroso; la cifra formale dominante è quella di un freddo e distaccato realismo, di uno sguardo acuto e indagatore, crudo e impassibile, su una delle pagine più agghiaccianti della nostra Storia.
È lo stesso Tezuka a dichiarare la sua piena soddisfazione rispetto ai risultati di questo vero e proprio “romanzo storico a fumetti”: “Se insegui quello che la società ti fa credere che sia il vero principio di giustizia, ti accorgerai che esso conduce a una sorta di egoismo dello Stato. Questo è sempre stato il mio soggetto preferito e l’ho ritratto molte volte. Ma Adolf ni tsugu è il lavoro in cui sono riuscito a renderlo proprio come intendevo”.

Il tema, carissimo a Tezuka, del meccanismo di Stato che stritola il singolo e quello più vasto dell’odio contro ogni guerra – colonna portante di tutta la sua produzione, da quella per l’infanzia a quella mistica, da quella degli eroi della giustizia quella degli eroi cool – trova in quest’opera la sua realizzazione più completa ed efficace.
I motivi possono essere molteplici: dalla mescolanza di reale e fittizio, di storia e giallo – formula duplice in cui l’esistente assume le forme intriganti del mistero – al felice intreccio che vede incastrarsi in un puzzle perfetto le vicende di più personaggi, apparentemente lontani ma che condividono già un destino comune prima ancora di incontrarsi, in una tensione narrativa che non conosce stasi.

Con Adolf ni tsugu lo “story manga” raggiunge il massimo livello di coesione e concentrazione narrativa, una sapienza costruttiva da far invidia a moltissimi romanzieri e narratori in genere: il lettore ha davanti un perfetto congegno in cui vicende dapprima disposte in arcipelago diventano un tutt’uno, o con l’inesorabile avanzare dei fatti storici, ovvero l’ordine dell’esistente, o con uno spiazzante colpo di scena degno dei migliori gialli, ovvero l’ordine della fantasia.

Una cosa è certa: in Adorufu ni tsugu niente è lasciato al caso, ogni dettaglio, anche quello apparentemente più insignificante, può ingigantirsi a tal punto da diventare centro propulsore di nuovi intrecci, in cui vengono coinvolti personaggi lontani fra loro o che noi lettori credevamo ormai scomparsi. E al di sopra di ritmi narrativi così tesi e serrati troviamo sempre quello sguardo rigoroso, capace di momenti di piena tragicità come di sottile ironia, che è la ragione principale della completezza e dell’eccellenza dell’opera: lo sguardo di Tezuka, crudele e morale, è ciò che riesce a tenere insieme le storie di molteplici personaggi, che, altrimenti, sarebbero semplicemente le vicende di un buon fumetto storico tinto di giallo.

Se Adolf ni tsugu è molto di più – e se ha vinto il premio Hector Oesterheld “per aver fuso magistralmente fantasia e realtà in una lunga e coinvolgente vicenda nella quale sono condannati l’intolleranza e gli odi interetnici” – è proprio grazie a quello sguardo distaccato ma intimamente coinvolto, e, di conseguenza, al tratto quasi austero del disegno.

Osamu Tezuka fa sempre centro, avendo dalla sua la qualità rara di saper rispondere ai bisogni dei suoi lettori, di qualsiasi età o gusto, ma con Adolf ni tsugu si può dire che superi addirittura se stesso. Può essere letto come un giallo, ed è uno dei gialli meglio costruiti mai creati; come un “romanzo storico”, ed è uno di quegli esempi in cui reale e immaginario si mescolano senza cedimenti di ritmo, senza trovarsi a dover leggere, ad esempio, parti giustapposte e alternate in forma romanzesca e in forma saggistica; infine, come opera morale, in cui la condanna della guerra, dell’odio interumano, delle “ragioni collettive” che nascono dall’egoismo dei singoli individui, trova la sua forma perfetta. La forma di un imbuto, dal microscopico al macroscopico: dal microscopico omicidio di un singolo, con cui ha inizio la vicenda, come accade in ogni giallo che si rispetti, all’omicidio macroscopico, su larga scala, a cui i tre Adolf della storia, chi più chi meno, avranno dato il loro contributo.

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