VALERIAN E LAURELINE
Testi di Pierre Christin, disegni di Jean-Claude Mézeriès
160 pagine, colore, brossura, 17×24, Euro 16.00
001 Edizioni
di Dario Biagiotti
“La fantascienza era un mezzo formidabile per surriscaldare il reale”. Con queste parole, l’autore Pierre Christin non ha solo spiegato la ragione del successo di Valerian e Laureline, né si è limitato a una dichiarazione di poetica sulla quale, nel 1967, ha eretto un monumento del fumetto europeo, ma ha rivolto a tutti noi, lettori e autori, appassionati e addetti ai lavori, una preziosissima lezione: il fantastico non è in antitesi con la realtà, ma, al contrario, raggiunge la sua piena efficacia quando intraprende con essa un rapporto di reciprocità. Nell’epopea dei due agenti della polizia spazio temporale di Galaxity, tutto è possibile: possiamo sognare di pianeti lontani, volare alla velocità dell’immaginazione attraverso oceani di vuoto cosmico fittamente popolato, ubriacarci di stupore di fronte a una tale varietà di razze, storie e culture aliene, che al confronto l’Impero Galattico di Asimov sembra una piccola provincia. Eppure ci resta l’impressione che una parte di noi rimanga contemporaneamente con i piedi per terra, poiché riconosce, sotto le sembianze di altri mondi, proprio il nostro mondo, la cui realtà è ritratta in tutta la sua problematica complessità.
Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, però, questa sinergia tra reale e fantastico non si manifesta attraverso apocalittici scenari futuribili o plumbei cieli megalopolitani cui ci ha abituato troppa fantascienza. La grandezza di Christin, al contrario, risiede nella sua leggerezza, e non solo per una questione di ‘tono’. Se nell’immediato essa è facilmente identificabile nel gusto per l’avventura e l’intrattenimento, nel sense of wonder, nella garbata ironia e nei due limpidi eroi d’azione, a una lettura più approfondita emerge tutto il suo valore di vero e proprio architrave dell’edificio narrativo. E’ leggero l’alternarsi dei toni, in un equilibrio tra tensione e risoluzione, drammatico e comico, che offre al lettore una completa gamma di emozioni, senza che una prevalga sull’altra e conduca il racconto verso gli estremi del superficiale o del serioso. E’ leggera la scrittura, fluida e al servizio dello storytelling, capace di affrontare stati d’animo e spiegazioni scientifiche, dialoghi e descrizioni sociologiche con sintesi acuta.
E’ leggero soprattutto l’immaginario, in cui la frizione tra inconsueto e riconoscibile rappresenta quel quid che lascia trasparire, tra le trame del fantastico, le ombre del mondo reale in tutta la loro inequivocabile urgenza. Il bello, però, è che ciò avviene nella più totale organicità, come se la realtà non sia un virus insinuatosi nel corpo della narrazione, ma una carta dell’infinito ventaglio di possibilità contemplabili dalla fantasia senza confini di Christin e Mézeriès (quest’ultimo un visionario, espressionista, stupendamente cartoonistico, maestro del disegno al quale l’opera deve metà della sua riuscita). In questo modo, il futuro post-apocalittico ma pre-Valerianistico in ‘La Città delle acque mobili’, la disgraziata teocrazia in ‘L’impero dei mille pianeti’, la guerra dei sessi al rovescio in ‘Il mondo senza stelle’, la persecuzione dei nativi in ‘Benvenuti su Alflolol’ e il dibattito sulla rivoluzione (chi non riconosce, nei due schiavi impazziti, due esponenti del dibattito politico nella sinistra marxista dell’epoca?) in ‘Gli uccelli del padrone’, riportano messaggi di allerta lucidissimi allorché parti integranti delle avventure extraterrestri da cui provengono.
Valerian e Laureline è un opera di rara grandezza nel fumetto e nella letteratura. Per scomodare una metafora di Alessandro Manzoni, è come il miele che, messo sull’orlo del bicchiere, rende la medicina più facile da ingerire, e aiuta noi, anima (fantasia) e corpo (società), a guarire prima.
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