RECENSIONI: DAMPYR N°1-11 (escluso il n. 4) – Febbraio 2001

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RIPROPOSTA

Dopo tante recensioni di fumetti stranieri, un centinaio circa, e mentre è in pubblicazione anche lo speciale Sandman 30th Anniversary, iniziamo parallelamente a riproporre per alcune settimane una quarantina recensioni di albi italiani, quasi tutti della Sergio Bonelli Editore.
Essendo albi e recensioni degli anni 2000 e 2001, abbiamo preferito raggrupparli per serie.
Iniziamo con 9 recensioni della serie Dampyr.

Buona lettura, e/o rilettura.
Mario Benenati

Nota bene:  Le copertine sono state scaricate dal sito https://www.fumetto-online.it/ che ringraziamo. Per le copertine © degli aventi diritti


Dampyr n°1 e n°2

98 pg. B/N Brossura L 3.500

SERGIO BONELLI EDITORE

Testi: Mauro Boselli e Maurizio Colombo
Disegni: Mario Rossi (Majo)

Recensione di Marco Solferini

“IL FIGLIO DEL DIAVOLO”

Progetto ambizioso quello di Dampyr. I vampiri e il loro mondo hanno affascinato e ispirato molti nel passato. Celebri letterati hanno scritto pagine su pagine per narrare della stirpe della notte, del loro dono e della loro condanna ad essere unici e per sempre legati al mistero delle loro origini. Il fumetto ha nei confronti dei vampiri un pregio e un difetto di fondo. Come gran parte di ciò che è avvolto da un alone di misticismo, di mistero misto a paura, i vampiri vivono gran parte del loro fascino legato alle atmosfere, alle sensazioni che il mondo intorno a loro crea. Un mondo viziato, corrotto e visibilmente alterato dalla loro presenza, ma sottolineo presenza, che è ben diverso dall’effettiva e materiale tangibilità dell’essere. Il vampiro c’è, ma non importa vederlo per coglierne appieno l’angoscia, il sentimento d’inquietudine che esso trasmette ad ogni cosa che lo circonda. La nebbia non è semplice nebbia, è un mantello che avvolge, che inquieta, che nasconde, è un elemento soprannaturale. Un ombra è improvvisamente il passaggio alla dimensione del sospetto, si staglia dalla figura solitaria di un albero che sembra un monolito alla paura, avvolto nell’oscurità, preda di quei piccoli e impercettibili rumori che dal fondo di una via buia e solitaria, si levano alti, nell’aria fredda circostante. Un tripudio di sensazioni, condite da metafore e sinonimi che il fumetto può rappresentare nella sua veste grafica incisivamente, ripetendo immagini su immagini, come fotografie in bianco e nero, sbiadite, deformi e cariche di emotività. Può creare una buona dose di angoscia nel lettore e un valido campo sul quale costruire la storia.

L’idea di Dampyr è buona, ma in quelle novantotto pagine sono compresse una moltitudine di elementi: il passato del protagonista, i tre caratteri distinti dei personaggi, la presenza del bambino, quella di un maestro della notte e infine la tipologia di vampiri, il loro rifiuto per le classiche concezioni religiose, la differenza tra non morti e maestri della notte. Troppo per un solo albo. La cosa era da farsi lentamente, magari in tre distinti numeri, mantenendo l’ambientazione, che è molto intrigante e davvero ben disegnata, nel particolare e nelle sfumature, anche se sono convinto che molte delle inquadrature siano state riprese da reportage precedenti alla guerra dei Balcani. I disegni sono datati 1997 e le inquadrature hanno il sapore di Sarajevo e dintorni. Comunque il disegno è certo un punto a favore dell’albo, a differenza che in altri casi, sembra che la Bonelli abbia associato alla trama e all’argomento trattato il giusto disegnatore, in grado di rendere al meglio lo scenario in questione. Il problema è un altro. La storia, come già detto, è troppo compressa e ci sono un po’ troppi vampiri in circolazione. Il rischio è quello di trasformare l’oggetto dell’albo in una presenza talmente costante da diventare noiosa e soprattutto priva di fascino. E’ inimmaginabile andare avanti per mesi presentando continue squadre di succhiasangue, alla fine sembrerebbe inverosimile. Sergio Bonelli scrive nell’incipit che i narratori sono appassionati di Vampiri, citando alcuni celebri letterati. La passione per un argomento è un ottima cosa, ma non sempre significa che i risultati in merito allo stesso, saranno proporzionali ad essa.

Un argomento come quello di Dampyr deve essere trattato con sottigliezza, con inganno, coltivato numero dopo numero, affinché si viva di mistero, di una presenza che c’è ma non si vede. Meglio sarebbe stato se lo scetticismo di Harlan Draka si fosse risolto con calma, dopo qualche numero, quando uno dopo l’altro i soldati cadevano preda di una male oscuro, maligno, ma intangibile. Scriveva Stephen King.. “nel momento in cui lo scrittore da forma alle paure di chi legge, esse cessano immediatamente di spaventarlo.” E’ la soggezione ciò da cui si deve ricavare la tensione nella lettura. Un indagine svolta in vari paesi del mondo. Un ambientazione costante e affascinante, magari interi albi senza che si veda un solo vampiro. La linea di questa testata mi sembra invece diversa, più simile al film di Carpenter, Vampyrs, dove gli umani si scontrano con decine di vampiri. Si perde il gusto del fantastico e sfido chiunque a dirmi che dopo dieci numeri così si possa ancora provare emozione nell’aprire un albo del quale già si conoscono i contenuti. Naturalmente la Bonelli, come sempre ha fatto, costruirà fiumi di vignette sul passato e le origini del personaggio, secondo una formula ormai già talmente consolidata da essere anche un po’ consumata.

“LA STIRPE DELLA NOTTE”

Secondo episodio di Dampyr e la formula non cambia. Stesse ambientazioni, stessi canoni di riferimento per i personaggi che però si dimostrano più snelli e meno confusionali che nel precedente numero, dove gli innumerevoli espedienti davano vita a un polpettone dai contenuti eccessivi per le novantotto pagine dell’albo. Narrazione più lineare, ancora impregnata dalle ambientazioni di guerra, scenario massiccio e devastato nel quale si aggirano vampiri dal look trasgressivo e moderno in stile Cyberpunk. Forse nell’idea degli sceneggiatori c’era l’ipotesi di essere originali, ma francamente a me pare un assurdità quella di proporre un così vasto numero di non morti, che in questo secondo numero vengono creati con una semplicità sconcertante, e per certi versi pericolosa, perché è patetico il tentativo di dare spessore e caratterizzazione al malvagio comandante dell’esercito, la cui sadica deformazione professionale viene accentuata dalla trasformazione in vampiro. Facendo ciò si rischia davvero di cadere nel banale, non è possibile creare un personaggio che faccia una qualsivoglia presa sul pubblico dal nulla, specie poi quando esso è ispirato a un canone letterario oramai trito e ritrito. Il vampiro è una figura nata dall’inchiostro su carta. In esso è possibile, in una pagina, rendere un personaggio se non altro appetibile al lettore, ma nel fumetto ciò non è applicabile né a una vignetta né a dieci. Lo stesso personaggio di Gorka è povero come non mai, privo di un vero e proprio carattere: egli è soltanto cattivo. Non esistono esseri fatti di un unico colore, bisogna considerare le sfumature e ciò vale anche per il trio di protagonisti. Il cinismo di un ex-soldato disgustato dalla guerra, la maledizione e la tristezza di un vampiro che combatte la sua natura, non sono sufficienti, questi individui sono degli involucri senza alcuno spessore psicologico.

Patetica la frase: “Andiamo a combattere i veri nemici dell’umanità..” Se davvero i vampiri si riproducessero così in fretta, tempo un anno e non ci sarebbe più nessuna umanità da difendere. Il cavallo di battaglia di questo fumetto è di certo rappresentato dal fascino dell’argomento trattato e dalle ambientazioni che possono di certo esaltarlo. Occorre essere più selettivi nella scelta degli avversari e pensare a un singolo episodio che possa durare nel lungo periodo, introducendo in esso anche degli elementi costitutivi per la natura di personaggi, una volta tanto, polivalenti e non, come nello stile Bonelli, sempre classici e immutabili. Ormai nel fumetto odierno non si può pensare di imboccare una strada e percorrerla per oltre cento numeri. La gente ha dimostrato di stancarsi più in fretta che in passato, il pubblico diventa più esigente, non vuole più le solite tre scene di lotta, all’inizio, nel mezzo e alla fine.
Dampyr ha delle buone carte da giocare. Bisogna vedere se tali carte sono nelle mani di giocatori abili o meno.

GIUDIZIO discreto

Dampyr n°3

98 pg. B/N Brossura L 3.500

SERGIO BONELLI EDITORE

Testi: Mauro Boselli
Disegni: Luca Rossi

Recensione di Marco Solferini

“FANTASMI DI SABBIA”

Se stessimo parlando di un titolo di Borsa, diremmo che con il n°3 Dampyr ha operato un forte rimbalzo, stabilendo il suo primo record al rialzo.
Ritornando ad ambienti più prossimi al più tranquillo mondo del fumetto, la prima considerazione, terminata la lettura, è che aumentando le atmosfere, tipiche del personaggio e dell’argomento trattato, tutto ciò che vi ruota attorno ne trae beneficio. I dialoghi a mio parere sono semplici ed essenziali, però molto pertinenti ad ogni singola vignetta e alla narrazione in generale, prova evidente che spesso il voler ricercare delle formule obsolete o fortemente innovative, per capitalizzare originalità, è a volte inutile.

La semplicità paga, i personaggi vengono caratterizzati in modo eccellente e si sposano tanto nei dialoghi quanto negli atteggiamenti. Con le dovute misure, date dall’argomento trattato, si può affermare che il comportamento è consono alla normalità e la narrazione è lineare, colma di ambienti suggestivi, davvero molto ben illustrati e ricca di immagini e sequenze ad effetto (una su tutte, quella del pupazzo ventriloquo).
Niente orde di non-morti, sostituite da alcune visioni evocate dal cattivo di turno, che sono altrettanto letali, ma non possono essere uccise nello stesso modo in cui Harlan si occupa della progenie dei Maestri della Notte, il che va tutto a beneficio della storia, il personaggio appare più debole, ancora in possesso di un Jolly come quello del suo sangue, ma in balia degli eventi e proprio su questo si può giocare il fascino di una fuga, della disperata ricerca di un posto dove nascondersi. Il fatto che Harlan sia vulnerabile lo rende più umano e questo dona ritmo alla narrazione.

In fondo, se così non fosse, in cuor suo il lettore sa che Draka non sarà mai morso da alcun vampiro se non attraverso un qualche artefizio immaginifico che tremo solo all’idea di immaginare così come, arrivati al numero cinquanta o avanti, se continua l’assurdità delle pallottole intinte nel sangue o del rasoio anch’esso imbevuto nello stesso, quanti litri di sangue il Dampyr dovrà consumare? Ci ritroveremmo un personaggio anoressico, perennemente attaccato a una flebo? Sicuramente no, le cose andranno avanti tralasciando questo particolare a mio avviso più che rilevante.
Questo numero è sicuramente il migliore della neonata serie, ed è auspicabile che possa servire da esempio per la stessa anche se vi è una considerazione inquietante e altrettanto doverosa da fare: in questo episodio non ci sono, se non in una sporadica apparizione, i due personaggi che affiancano Harlan. Il numero più bello dei tre letti, non li vede all’interno di una narrazione che di per sé pare già completa. Forse è un caso.. o forse no.

GIUDIZIO discreto

Dampyr n°5

98 pg. B/N Brossura L 3.800

SERGIO BONELLI EDITORE

Testi: Mauro Boselli
Disegni: Luca Rossi

Recensione di Marco Solferini

“SOTTO IL PONTE DI PIETRA”

Davvero molto, molto bello. Non c’è altro modo d’incominciare la recensione di questo quinto numero della serie dedicata all’ammazzavampiri di casa Bonelli.
Un numero davvero completo sotto tutti i punti di vista. Ottimi i dialoghi di M. Boselli: si sposano a meraviglia con il carattere dei personaggi e con i primi piani carichi di espressività a loro dedicati. Il disegno di Luca Rossi è a tratti superbo, la scelta delle inquadrature è poetica, malinconica, carica di suggestione, ma al tempo stesso sobria quanto basta per non spezzare mai il filo della narrazione. La storia scivola via in un perfetto connubio fra tempo e azione. La trama è esauriente in ogni suo dettaglio, con caratterizzazioni splendide per i personaggi, che godono di una maturità più che eccellente.

Atmosfere, narrazione e disegni, ci sono tutti gli ingredienti e sono dosati in modo saggio e oculato. Il risultato è un numero tutto da gustare, osservare e magari, da rileggere.

Una nota particolare merita la posta denominata “Dal buio”. E’ particolarmente apprezzabile il fatto che gli autori citino le opere letterarie alle quali si sono ispirati; essi rendono omaggio a grandi narratori del passato e traspare l’ammirazione che gli autori provano nei loro confronti, l’ammirazione che stimola a far bene e che dona passione e gusto per il proprio lavoro. Tutto ciò si vede e soprattutto si sente, ma tali riferimenti sono importanti anche per chi non ha potuto o non ha voluto, in passato, accostarsi a questi narratori e che può riscoprirli nel fresco di una biblioteca.

Una nota già da me citata in passato riguarda il personaggio in quanto tale: Harlan Draka. Già nel numero quattro della serie si era visto senza i suoi compagni, affrontare in terra di Cornovaglia nuove insidie, che divergevano dal tema principale trattato dal fumetto. In questo numero si conferma il fatto che preso singolarmente Harlan rende molto di più rispetto al gruppo. A mio avviso Kurjak e Tesla non fanno che appesantire le storie, inoltre necessitano ciascuno di particolari accorgimenti, che rubano spazio alla narrazione. E’ prassi di casa Bonelli non affidarsi mai ad un singolo personaggio senza una spalla, ma in questo caso mi sembra che il divario fra le storie in cui Harlan si può muovere da solo rispetto a quelle in cui si trova nella squadra, sia notevole e più che evidente.
Adesso questo fumetto, partito un po’ fiaccamente, sta attraversando un ottimo momento e ha le carte per continuare. Soprattutto sembra che il team creativo, che ha a disposizione disegnatori in stato di grazia, possa davvero avviare un ciclo come non se ne vedeva dai primi venti numeri di Dylan Dog.
Speriamo bene.

GIUDIZIO ottimo

 


Dampyr n°6/7

98 pg. B/N Brossura L 3.800

SERGIO BONELLI EDITORE

Testi: Mauro Boselli
Disegni: Maurizio Dotti

Recensione di Marco Solferini

“LA COSTA DEGLI SCHELETRI” E  “LA ZONA PROIBITA”

Doppio numero di Dampyr in terra africana e il mix del 2X gli giova e non poco. Da sottolineare immediatamente come gli autori continuino a puntare l’indice soprattutto sulle ambientazioni: ottime le inquadrature, frutto di certo dell’ispirazione fotografica ripresa da un qualche reportage cartaceo, ma che si amalgama sempre ottimamente con lo stile dei disegnatori e in questo momento Dampyr arruola la squadra migliore, per qualità e quantità, ma soprattutto per la scelta delle caratteristiche in rapporto alla trama e al contesto (cosa che in Julia non avviene, spesso il fumetto è disegnato da autori che, anche se bravi, non rispecchiano appieno le necessità grafiche del tema trattato). Il porto, la città fantasma, la miniera, tutti luoghi che la letteratura ha ispirato a centinaia di autori, e qui ancora una volta resi in modo perfettamente funzionale, trasportati su carta con le dovute misure, soppesando adeguatamente il rapporto che vincola le ambientazioni ai personaggi non protagonisti, tutti ben caratterizzati e distinti fra loro, senza sciupare un numero eccessivo di vignette o prodigarsi in dialoghi inutili.

Dampyr non è quasi mai appesantito dai dialoghi e ci sono meno ripetizioni dei concetti rispetto a quanto accada, spesso, in altre pubblicazioni di casa Bonelli, inoltre in questi due numeri assistiamo al comparire di alcune sottotrame (lo pseudo tradimento di Anton, la questione di una guerra da poco terminata, la fuga dalla miniera di diamanti), tipico di chi ha letto molto, in particolare romanzi, dove l’azione spesso si sposta su figure secondarie o su eventi all’apparenza distanti, per fornire un nuovo punto di vista e raccontare la realtà dei fatti attuali attraverso l’evolversi di trame contemporanee che, seppur all’apparenza distaccate, rientrano nella narrazione come pezzi di un puzzle. Questo di norma serve all’autore per apportare una variazione allo schema narrativo in modo da non renderlo troppo melenso e al tempo stesso gli consente di sfruttare la sua vena creativa, qualora durante lo svolgimento di una trama (per uno scrittore di romanzi si tratta quasi sempre di mesi di lavoro) egli subisse il fascino dell’ispirazione, attratto da un protagonista o da una figura che però non è facilmente sfruttabile a causa del lavoro già intrapreso. Il suo inserimento appaga la fantasia dell’autore e al tempo stesso apporta una variazione allo schema narrativo.

In Dampyr ciò avviene ancora in minima parte, ma la sensazione è questa. Si tratta di un processo difficile da attuare, soprattutto nel fumetto dove ogni trama resta sempre in qualche modo vincolata al personaggio principale come una sorta di salvagente, che spesso rischia di trasformarsi in una zavorra e mi riservo di smentire coloro che stanno pensando ai numerosi personaggi presenti in Nathan Never, quello è un universo vero e proprio che ruota intorno al personaggio principale, una sorta di mondo complementare che potremmo appunto definire Agenzia Alfa.

E’ doveroso rimarcare ancora una volta come gli scontri fra Dampyr e i maestri della notte mantengano un notevole grado di brutalità e questo è altamente positivo come pure il fatto che in tali scontri l’accento è posto sulla violenza, ma è soprattutto enfatizzato il carattere della caccia fra vampiri ed esseri umani (Tesla esclusa ovviamente), lo scontro finale o gli scontri finali come in questo caso, sono una sorta di valvola di sfogo e si prestano a sfruttare molto le ambientazioni circostanti, allo svolgimento della lotta.

I personaggi.

Ritroviamo tutti e tre gli avventurieri e il carattere in maggior fermento mi sembra quello di Tesla, sulla quale si può puntare molto in futuro, in quanto offre numerosi spunti, primo fra tutti l’affetto quasi materno che dimostra nei confronti di Harlan. Kurjak invece mi sembra un tantino statico, il suo cinismo, volto a mascherare un cuore ancora idealista e comunque benevolo, non reggerà ancora a lungo e presto diverrà una caricatura di se stesso che lo penalizzerà nel confronto con gli altri protagonisti. Sarebbe una scelta coraggiosa anche se fuori dagli schemi Bonelliani, quella di farlo morire qualora ciò si verificasse. Il tema trattato nel fumetto si presta a questo genere di soluzioni e anche all’eventuale entrata in scena di un altro personaggio, se non si volesse proseguire senza, a patto che non si tratti di una semplice sostituzione dei ruoli, come avvenuto con un certo Edward Reiser in un futuro lontano, lontano..

GIUDIZIO buono

Dampyr n°8

98 pg. B/N Brossura L 3.800

SERGIO BONELLI EDITORE

Testi: Mauro Boselli e Maurizio Colombo
Disegni: Nicola Genzianella

Recensione di Marco Solferini

“DALLE TENEBRE”

Gli indizi erano stati seminati da tempo. Gli elementi oggettivi già si conoscevano. L’ultimo arrivato di casa Bonelli, dalla data del suo esordio, si era lanciato in un vero e proprio crescendo Rossiniano. Ogni numero conteneva qualcosa di speciale, qualcosa che lo distingueva, per le qualità intrinseche della narrazione e della grafica, dal panorama fumettistico nazionale. Questo ottavo numero sancisce a meraviglia quanto già avevo scritto in passato: Dampyr è in costante miglioramento, avanza facendo passi da gigante ed è a tutt’oggi una piccola perla da custodire in modo prezioso nella fumetteria di casa propria.

“Dalle tenebre” è un racconto di spessore notevolissimo, per ambientazione, per caratterizzazione dei personaggi, per la scelta dei tempi in cui si svolge l’azione, un piccolo romanzo a fumetti, illustrato in modo magistrale, con la dovuta cura nel dettaglio, nell’utilizzo del chiaro/scuro: un disegno pulito, terribilmente espressivo, frutto di una collaborazione stretta fra gli autori (Boselli e Colombo) del testo e colui che materialmente lo ha trasformato in immagini, il bravissimo Nicola Genzianella, che alla sua prima prova dimostra già una totale padronanza del mezzo, soprattutto nelle ultime tavole.

Novantotto pagine che hanno il sapore delle trecento, che costruiscono con abilità scacchistica ogni singolo pezzo del puzzle, senza tralasciare alcunché e senza alcuna scelta imposta. Ciascun argomento è trattato in modo esauriente. Basti pensare alla figura di Harlan come professore, all’intreccio che si crea fra lui e il professor Woorman, uno dei sospettati e nel contempo con gli studenti della facoltà, che giocano a fare i detective. Il tutto si risolve in modo esemplare, in una sola notte, in un singolo luogo, preludio allo scioglimento di tutti i nodi della narrazione. Il professor Milius, la ragazza Sophie, ciascuno a modo proprio protagonista poiché ad ognuno è stato assegnato il giusto peso nella bilancia degli equilibri, nell’evolversi della vicenda.

L’ambientazione è come sempre pregna di emozioni, a tratti quasi fatua, tanto la descrive la ragazza a proposito delle ricostruzioni effettuate dopo la seconda guerra mondiale, eppure gli autori non dimenticano che stanno scrivendo un horror: efferati omicidi (all’inizio come pure dentro la biblioteca), la morte della giovane che si era invaghita di Harlan, come pure la sorte del professor Woorman, alleato dello stesso Draka, il fumetto continua ad essere brutale sulla scena dell’omicidio ed è in linea con quanto abbiamo visto fin ora.

C’è una precisa scelta da parte degli autori ed è sostenuta malgrado il contesto sia multiforme.
Inoltre, leggendo la rubrica “Dal buio” ed il “manuale del vampirologo” in appendice, mi accorgo sempre più dell’alto grado di professionalità e di conoscenza che anima gli autori. Informazioni sempre corrette, stimolanti, frutto di una passione che traspare dalle pagine del fumetto. Verissimo che gran parte delle narrazioni di Dampyr sono il frutto delle probabili letture giovanili degli autori, ma non vi è mai plagio da parte loro, bensì omaggio nei confronti dei grandi autori di questo genere dei secoli passati.
Dampyr è originale, tanto nelle storie quanto nei contenuti. E’ un fumetto ispirato e al contempo affascinato dai grandi misteri che hanno giocato con la fantasia dell’uomo prima dell’avvento dell’era delle macchine.

GIUDIZIO buono

Dampyr n°9

98 pg. B/N Brossura L 3.800

SERGIO BONELLI EDITORE

Testi: Maurizio Colombo
Disegni: Mario Rossi (Majo)

Recensione di Marco Solferini

“LAMIAH”

Continua il viaggio attraverso le capitali europee del Dampyr Harlan Draka, e questa volta a regalarci le mistiche atmosfere dell’eterna lotta fra il bene e il male è una Berlino nebulosa, pregna di suggestivi anfratti, vicoli oscuri e minacciosi, cumuli di nubi colme di pioggia. Una Berlino fredda e triste, sulla quale il cielo riversa le sue lacrime più comuni, sotto forma di pioggia: un malinconico preludio alle rivelazioni sul passato di Tesla. Un passato raccontato in modo diretto, immediato, tipico del carattere risoluto del personaggio, ma una storia che ha lasciato il segno poiché il suo passato viaggia contemporaneo al presente e se Harlan incontra una nuova e affascinante signora dei vampiri, per Tesla si tratta di ricomporre l’ultimo tassello della sua sfortunata dipartita.

Notevole il racconto del passato di Lamiah, come pure i non-morti facenti parte dei rispettivi branchi dei due maestri della notte. La figura del nomade è un ottimo jolly, è bello immaginare delle lotte intestine fra i principali avversari del Dampyr, per accaparrarsi un territorio fatto di prede umane, ma attenzione, non è una partita a Risiko e la spartizione geografica potrebbe rivelarsi un arma a doppio taglio, in grado di togliere quel grado di imprevedibilità che deve necessariamente caratterizzare ogni storia di Dampyr.

Nono numero dai ritmi elevati, poche pause e molta azione, quest’ultima sempre brutale, spietata, una lotta senza esclusione di colpi o per meglio dire “all’ultimo sangue”, in uno stile che ormai si può definire tipico del fumetto di Dampyr. Majo si conferma molto bravo nel giocare sulle atmosfere oscure, notevole la vignetta di pag. 53 dove Tesla atterra dopo un balzo degno del miglior arrampicamuri di quartiere ed anche le tavole inerenti al passato di Lamiah come pure le scene d’azione: dinamiche e al tempo stesso fluide e continue, merito anche dello spazio che gli viene riservato.

Il finale fra Harlan e Lamiah francamente lo trovo un po’ infantile, ma credo che la scelta di far sopravvivere alcuni dei vampiri che incontra possa essere funzionale all’evolversi di future trame, in fondo il Dampyr dovrà pur ritornare nei luoghi già visitati, il mondo è vasto, ma non infinito e il poter rincontrare alcuni vecchi nemici o alleati può riservare risvolti interessanti.
Per quel che ci compete possiamo solo restare ad aspettare e lasciare che siano gli autori a proseguire nella creazione del mondo di Dampyr, in fondo se la cavano benissimo e meritano tutta la nostra fiducia.

GIUDIZIO buono

Dampyr N°10

98 pg. B/N Brossura L 3.800

SERGIO BONELLI EDITORE

Testi: Maurizio Colombo
Disegni: Alessandro Baggi

Recensione di Marco Solferini

“CASA DI SANGUE”

Un inizio molto interessante, ancora una volta Dampyr si conferma fumetto dell’orrore, intrinseco di paura e violenza e l’idea del vampiro trasformatosi in un intera casa è discreta e di certo funzionale ai canoni a cui il fumetto ci ha abituati anche se ritengo che la narrazione andasse sviluppata in modo più pacato e meno affrettato, magari con l’utilizzo di un altro albo.
In alcune circostanze mi sembra che lo scrittore Maurizio Colombo tenda a rispettare delle tappe obbligate (Victor è personaggio malinconico perciò gli facciamo cantare – recitare una bella poesia in un locale fatto su misura per lui e poco dopo a casa è necessaria la spiegazione prima del secondo incontro con Araxe).

I due alleati di Harlan risultano comunque una coppia interessante, stilisticamente ispirata, ma lo è la loro unione, non la loro caratterizzazione, frutto più di un idea, pregna di una letteratura classica, che di un processo logico che accomuni i loro caratteri.
Harlan in questo frangente è una sorta di killer: vado l’ammazzo e ritorno.
Non mi piace quest’immagine, è troppo riduttiva.

All’interno della casa ho molto apprezzato la figura di Ibi, il bambino che conosciamo all’inizio della storia e quelle specie di pupazzi con cui gioca e che escono dai muri, come pure ho apprezzato le immagini che Harlan vede e che appartengono al passato del posto. Meno interessante la figura di Tenardier, un semplice veicolante, molto strumentale ai fini della narrazione, come pure la lotta con il maestro della notte, sotto forma di creatura aliena, mi è parsa una variante forzata rispetto ai precedenti incontri.

Decisamente scadente l’incontro con la donna armata di mannaia, mi è sembrato che si volesse inserire a tutti i costi una scena d’azione a metà narrazione prima della sequenza finale. Questa è una prassi molto frequente in casa Bonelli, ci sono stati interi periodi in cui quasi tutte le sue pubblicazioni seguivano uno schema precostituito, che prevedeva una scena d’azione all’inizio, una in mezzo ed una, inevitabile e conclusiva, alla fine.

Un passo indietro rispetto ai precedenti episodi, inoltre in passato si apprezzavano maggiormente le atmosfere dei luoghi, Parigi mi sembra sacrificata, in fondo non c’è alcunché che la distingua da una qualsiasi altra città, forse anche in virtù di ciò l’albo doppio avrebbe giovato, comunque il soggetto rimane interessante e la lettura e pur sembra piacevole anche se di fattura notevolmente inferiore rispetto ai precedenti episodi. Il disegnatore Alessandro Baggi è molto bravo nelle scene puramente horror, ma non altrettanto in quelle più comuni, ed è anche per quello che Parigi risulta ben poco presente in questo albo.

GIUDIZIO discreto

Dampyr n°11

98 pg. B/N Brossura L 3.800

SERGIO BONELLI EDITORE

Testi: Maurizio Colombo
Disegni: Giuliano Piccininno

Recensione di Marco Solferini

“NEMESIS”

Varcata la soglia della decima uscita, in attesa di compiere il primo anno di vita, Dampyr completa il quadro delle origini del trio ammazzavampiri. Dopo Tesla è infatti il turno di Kurjak, di ritorno nella sua terra natale, per svelarci il suo passato e il presente, entrambi intrisi di nostalgica follia, tipico quadro raffigurante le terre dilaniate dalla guerra.
Proprio la tipicità si potrebbe definire l’elemento portante dell’intero albo scritto da Colombo. A ben guardare, ogni componente della narrazione in questione è ben lungi dall’essere originale.

Il passato di Kurjak è semplicistico nei flashback evocati dalla sua fidanzata con poteri di strega, fin troppo scontato e plausibile visto gli elementi narrativi introdotti (uno stupro ad opera della famiglia rivale, sullo sfondo di una faida vecchia come il tempo e di cui si sono perdute le origini) e tale semplicità non poteva non sfociare nella banalità più oziosa che anche uno sceneggiatore di serie “B” sarebbe stato in grado di evocare in poco meno di mezz’ora di lavoro. Il soldato dal cuore infranto, diviso fra il nostalgico ricordo di un amore perduto e gli orrori di una guerra ingiusta è ormai una figura che retroagisce sul personaggio, trasformandolo in una caricatura di se stesso.

Pacchiano e inutile è il tentativo di abbozzare una trama parallela, sfruttando un malvagio dottore, sovvenzionato da spietati e lucrosi finanziatori occulti che non esitano ad utilizzare la gente comune come cavie da laboratorio.
La violenza è certamente uno dei temi portanti di questa serie, ma è funzionale ad essa solo quando indirizzata, con precise finalità, al rendimento della trama nel suo contesto generale, non, come in questo caso, quando è essenzialmente gratuita e arbitraria, nonché fantascientifica (occorre sottolineare come Harlan, Kurjak, e anziano, ma agguerrito padre, uccidano fin troppe persone, in modo analogo a quelle insulse produzioni televisive in cui i protagonisti uccidono decine di avversari senza ricaricare mai le pistole e facendo centro al primo colpo a discapito di orde di cattivi, tutti evidentemente miopi o presbiti perché incapaci di colpire un bersaglio seppur con raffiche di colpi).

Terrificante il duello fra Kurjak e Mathias: per totale mancanza di originalità è un elogio alla più obsoleta banalità.
Irritanti le affermazioni del vecchio padre quando attaccano la fabbrica: ci sottolinea che le guardie non si aspettavano un attacco diretto. Viene da domandarsi se oltre che miopi e presbiti non siano anche un tantino scemi questi cattivi di turno.
Inutile la narrazione nonché la morte del giovane fuggiasco: tipico esempio di violenza gratuita dal sapore nazista.

Il cameo finale naturalmente è la presenza di un signore della notte venuto per salvaguardare il proprio futuro branco da un invenzione che potrebbe sterminare la razza umana. Un simile ragionamento spalanca le porte dell’assurdo e sciupa l’immagine del cattivo formato “tipo” su cui si basa l’intera serie.
Anche i disegni di Piccininno, seppur buoni, rimangono al di sotto delle precedenti ottime uscite.

Un bel passo indietro rispetto alle precedenti storie. Speriamo si tratti solo di un isolato scivolone.

GIUDIZIO sufficente

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