RECENSIONE di BRENDON N°1 (febbraio 1999)

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RIPROPOSTA

Sesto ed ultimo gruppo di recensioni dedicate a dei fumetti della Sergio Bonelli Editore, usciti tra il 1998 ed il 2001. Ci soffermiamo sul numero 1 di Brendon (giugno 1998), in questo articolo, e sul n. 4 dell’albo gigante di Nathan Never (feb. 1999) nel prossimo ed ultimo.
Le recensioni sono scritte da Marco Solferini.

Buona lettura e/o rilettura.
Mario B.


BRENDON n.1

Bimestrale 98 pg. B/N Brossura L 3.500

ED. SERGIO BONELLI

Sceneggiatore: Claudio CHIAVERROTTI

Disegnatore: Massimo ROTUNDO


Recensione di Marco Solferini

“Nato il 31 febbraio” è il primo numero di una nuova serie della casa editrice Bonelli, forse potremo addirittura dire che è il terzo numero uno di un ipotetico secondo ciclo di produzione che aveva già visto uscire Napoleone e MagicoVento. Solitamente, ritengo che per giudicare una nuova serie bisogna aspettare almeno il terzo episodio, poiché con esso si dovrebbe avere già un immagine abbastanza buona di quella che è l’indole del personaggio, il suo modo d’agire, il suo carattere, il rapporto con il lettore e con i personaggi che popolano il suo ambiente a seguito di un ampia e corretta rappresentazione del suo mondo, sia esso contemporaneo, passato o futuro nonché, per finire, del genere che questo fumetto ci propone: avventuroso, horror, metafisico o altro ancora.

In questo caso però è avvenuto, a mio avviso, un singolare esperimento che consiste nel far coesistere tutti questi elementi in un singolo numero uno, che vuole essere esauriente in tutti questi punti e che come risultato ottiene soltanto un miscuglio di disattenzioni che determinano un’enorme mancanza di coerenza fra quello che era il desiderio dello sceneggiatore e quello che è stato il risultato finale.

Faccio un esempio per meglio spiegarmi: nelle pagg. 5 e 6 il lettore osserva un paesaggio desolato e semi distrutto, che successivamente ci verrà spigato come la risultante della “grande tenebra” e del cataclisma che si è abbattuto sulla terra. Le immagini vogliono suggerire il modo in cui il tempo si è fermato in un certo istante, nell’attimo della cancellazione, nell’attimo in cui la razza umana subiva il suo terribile fato ma tutto ciò non ha senso se rapportato alla successiva storia che ci narra Brendon a pag. 23 (scientificamente inesatta poiché le conseguenze di un impatto di un asteroide con la crosta terrestre sono diverse a causa di un materiale chiamato iridio, inesistente sulla terra ma presente in grande abbondanza sui meteoriti, il quale comincerebbe a bruciare già a contatto con l’atmosfera e causerebbe, dopo l’impatto, una grande nuvola di anidride carbonica, la quale spinta dalle condizioni climatiche impazzite avvolgerebbe il globo e difficilmente lascerebbe spazio alla sopravvivenza degli umani.) una storia che ci dice come la tragedia fosse annunciata, tanto che la razza umana tenta di far saltare il malvagio asteroide con delle testate nucleari. Scusatemi, ma non mi sembra logica la sequenza di tempo che va dall’impatto dei missili alla caduta della meteora ne tantomeno la mancanza di un piano di sopravvivenza in stile Deep Impact. Ma questo era solo un esempio particolareggiato, ce ne sono altri più semplicistici per dimostrare la mancanza di coerenza. La necessità di introdurre personaggi al fine di illustrarci meglio la nuova era ci porta di fronte a delle spiegazioni approssimative che decadono spesso nel ridicolo, come nel caso degli esseri sordomuti di pag. 42 che però parlano una lingua gutturale (Ma naturalmente, essendo anche sordi non si possono udire e tantomeno rispondere, cosa che invece accade nelle vignette successive) oppure, alla pagina seguente, una sorta di esper che si diverte a proiettare dei film, su uno schermo in pieno deserto, girando la manovella del proiettore come se facesse lo zabaione, dimenticandosi che, in realtà, proiettare un film è una cosa più complessa. (ci vuole un ritmo regolare di scatti al secondo.)

Mi sembra quindi di poter affermare che vi è un eccessiva compressione, una sorta di corsa contro lo spazio delle 98 pagine a disposizione nelle quali si tenta di comprimere troppi elementi, troppe immagini forzate e decisamente troppa emotività nei personaggi. Mi sembra quasi un testo teatrale, dove ci si sposta da uno scenario all’altro, con un cambio di situazione e di tempo, calando il sipario sul precedente e ripartendo in bellezza. Se lo scopo era quello di proporci una sottile citazione a Shakespeare in quanto al non rispetto delle norme di Aristotele sullo sviluppo della narrazione, allora l’esperimento è ben riuscito.

Purtroppo il buon Brendon si scontra anche con i canoni che sembrano essere oramai d’obbligo per i fumetti, uno dei quali ci dice che anche se ci troviamo di fonte ad un numero introduttivo, di presentazione, dobbiamo avere una storia di base. E che storia! Forse una delle più assurde immaginabili, un vero e proprio atto di fantascienza condito con punte di mistero demenziale. Non entro nel merito della maschera al titanio o dell’uomo “Werner” immortale, basti dire che, qualsiasi persona, anche Stallone o Bruce Willis che cade da un grattacielo da almeno 80 metri d’altezza e per di più direttamente con la faccia spiaccicata al suolo, a casa mia sicuramente muore.

E’ stata la necessità, la causa di questo mediocre risultato, la necessità di stringere sui tempi della narrazione, forse perché si trattava di un bimestrale oppure per qualche motivo di marketing che io ignoro, che ha fatto dimenticare allo sceneggiatore che, specialmente nel caso in cui si introduca un universo nuovo, un mondo nel quale è possibile ambientare decine e decine di storie, (basta inventarsi un bel nomignolo per una città ed ecco che il 50% sembra già fatto.) la storia deve essere più dolce, più riflessiva, lasciando spazio anche e soprattutto alla fantasia del lettore. (la meravigliosa Terra di Mezzo di Tolkien non ci è mai stata propinata come una lista della spesa tratta da un assurdo terzo libro, sesto capitolo e quinto paragrafo.) Questo è invece un informe miscuglio, condito da dialoghi scialbi e privi di un vero e proprio significato in rapporto alle immagini, da citazioni che sembrano più degli atti di plagio e per finire anche da errori di sintassi e logica. (a pag. 74 quella frase a seguito di tre puntini “e ne ho viste di cose”, farebbe inorridire qualunque scrittore che si rispetti.)

Come concludere sapendo che è in arrivo un numero due? Dicendo che è un occasione mancata? Che è un peccato, l’ennesimo spreco di carta? O magari con un più signorile augurio di miglioramenti futuri? Preferisco chiudere con un consiglio: la prossima volta, invece di titolare un opera del genere nato il 31 febbraio, sarebbe meglio aspettare la suddetta data per farla uscire.

GIUDIZIO Pessimo

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