Bentornati alla nona puntata dello speciale di Glamazonia dedicato ai Trent’anni di Sandman, il celebre character nato dalla celebre penna di Neil Gaiman. Breve riassunto. Dopo l’introduzione di Marcello Vaccari (fondatore di Glamazonia), l’analisi di “Vite Brevi”, l’articolo di Alessandro Assiri (“Sogna ragazzo sogna” ), l’approfondimento “Sulla figura di Hamnet fra Ulisse e Titania”, un bellissimo viaggio nel Reame del Sogno, un percorso ipertestuale nella Stagione delle Nebbie, le recensionidi “Oltre le Sabbie del Sogno” e di “Una Strana Storia d’Amore ” entrambe tratte dalla serie The Dreaming, oggi continuiamo con la terza ed ultima recensione, sempre tratta dalla serie The Dreaming. Alla tastiera ritroviamo Fabio Ciaramaglia. Dopo aver letto l’articolo, se vi è piaciuto, condividetelo. Grazie Mario B.
Le Terre del Sogno: Il Bacio del Coyote
(all’interno The Dreaming nn. 13-16)Testi di Terry La Ban, Jeff Nicholson, Peter Hogan
Disegni di: Jill Thompson, Jeff Nicholson, Gary Amaro
pp. 100/brossurato
Magic Press/Vertigo
prezzo originario € 8,50
(oggi 5,10 euro su www.fumetto-online.it)
Recensione di Fabio Ciaramaglia
Tre altre storie nelle Terre del Sogno
Sotto il titolo Il Bacio del Coyote sono raccolti i numeri 13-16 della serie The Dreaming per la Magic Press (con traduzioni di Leonardo Rizzi). A dire il vero le storie sono abbastanza eterogenee e solamente le prime due (una miniserie) hanno una qualche attinenza con il titolo del volume: proprio per questo motivo cercheremo di parlare separatamente di ognuna delle tre storie.
Il Bacio del Coyote.
Questa storia è scritta da Terry La Ban e disegnata da Jill Thompson. Lo sceneggiatore aveva già scritto la miniserie con cui si era aperto The Dreaming; tuttavia non lo rivedremo più ai testi perché essi saranno affidati a Caitlìn R. Kiernan e Peter Hogan che, pur alternandosi, diventeranno gli sceneggiatori regolari (se si escludono alcune storie come quelle di Al Davison o Bill Willingham, per esempio). Gli appassionati di serie e miniserie gaimaniane ricorderanno invece sicuramente la disegnatrice J. Thompson per la sua opera in Sandman: Brevi Vite.
La storia di apertura è, a mio avviso, abbastanza carina. Coyote sente che meriterebbe di diventare qualcosa di più all’interno del “subconscio collettivo” piuttosto che restare relegato al suo ruolo di trickster all’interno della mitologia indiana. Quindi decide di ingannare, nell’ordine, Matthew, Eva e due mortali (George e Rina). Il suo scopo è quello di diventare il vero e proprio sostituto di Matthew nelle Terre del Sogno. Prima fa credere al corvo che può diventare per gli Uomini un “eroe culturale” (un concetto antropologico secondo cui l’eroe culturale è colui che segna un cambiamento epocale per le abitudini di una società: vedi Prometeo) e lo invia a prendere una fantomatica cura per il raffreddore rinchiusa in una scatola. Poi, dopo aver fatto ubriacare Eva e aver fatto l’amore con lei, le ruba la chiave per viaggiare nei sogni. Infine inizia a giocare con i sogni di George e Rina: i due costituiscono una coppia stranamente assortita perché lui è il classico “uomo medio” (a cui viene offerto un lavoro, nel sogno, dal “vicepresidente di una società di media grandezza”), mentre lei è una ragazza che ama improvvisare e vivere avventure fantastiche. Il trucco di Coyote consiste nel fingere una “caccia all’inglese” in cui George dovrebbe sparare a un animale che viene liberato da una scatola: l’animale in questione è proprio Matthew. Il corvo in realtà non muore, ma va teoricamente a prendere il posto di Coyote in quella Terra dei Morti in cui vivono le divinità indiane. Matthew si risveglia all’esterno di un enorme Casinò e, dopo aver conferito con Corvo (la principale divinità indiana riferita al mondo dei defunti), inizia a riflettere su come vincere l’inganno subito da Coyote. Mentre Matthew cerca di sbancare il Casinò, anche Eva si è resa conto degli inganni di Coyote e riesce a sventarne i piani arrivando a farlo picchiare e poi inseguire dai cani (questo dopo la sua seduzione ai danni di Rina e mentre gli Indiani cercano di uccidere George, secondo loro, assassino di Corvo). Frattanto Matthew, che è quasi riuscito nel suo precedente intento, ottiene da Corvo la possibilità di impersonarlo per un paio d’ore. Quindi si reca da Coyote per offrirgli una possibilità per diventare più di quello che è: “c’è un ruolo in una… be’, non è esattamente nelle Terre del Sogno, ma è comunque una mitologia popolare… per cui penso tu sia perfetto. È una cosuccia secondaria, ma ha alta visibilità. […] Ammetto che forse sei troppo qualificato. Ma ti darebbe la possibilità di ricominciare a comparire nei sogni della gente, e sai, da cosa nasce cosa”. L’ultima pagina è, secondo me, davvero il tocco geniale di tutta la vicenda. Il ruolo offerto da Matthew non è nient’altro che quello di Will il Coyote dei cartoni Warner e quindi vediamo Coyote con pattini e razzo pronto a spiccare il volo per inseguire Roadrunner e l’ultima vignetta è per dei bambini che si divertono a guardarlo in TV. In questo modo Matthew ha avuto la sua vendetta, condannando Coyote a torture infinite ed eterne sconfitte, e lo stesso Coyote è entrato con più decisione nel subconscio collettivo.
Lavoro di giorno; riposo di notte.
Questa storia (Jeff Nicholson ne è scrittore e disegnatore) vede come protagonista il personaggio di Mervyn Pumpkinhead. Creato da Neil Gaiman (nel n.5 di The Sandman) è solo in Brief Lives che inizia ad avere un ruolo un po’ più importante, sebbene sempre marginale. Proprio in quella storia, la nostra zucca parlante si esibisce spesso in battute caustiche sugli umori di Morpheus.
Scrive Gaiman: “Whenever I felt the Sandman was going overboard, I’d bring Merv on; he’s the little voice in the back of my head that says, ‘Somebody really ought to tell Dream he’s acting like a flake’” (intervista comparsa su Hy Bender: The Sandman Companion, 1999, p. 167);
“Ogni volta che avvertivo che Sandman stava andando sopra le righe inserivo Merv; è la piccola voce nascosta nella mia testa che dice ‘Qualcuno dovrebbe davvero dire a Sogno che sta agendo come uno sciocco’”(traduzione mia.
Il nostro Mervyn si ritrova qui a ospitare uno dei visitatori delle Terre del Sogno. Non è una cosa frequente perché, come gli dice Matthew, “è sfrecciato oltre il parco giochi, i giardini sessuali, e persino piazza vendetta”, mentre la parte del Sogno che Mervyn gestisce è quella del lavoro. Questo visitatore è particolare perché è una persona frustrata dal suo essere un ‘colletto bianco’ (è il proprietario di una piccola azienda), mentre vorrebbe effettivamente riprendere a lavorare con sana fatica fisica. Quindi un sogno in cui è costretto a lavorare tagliando l’erba o in miniera per questo bizzarro personaggio è una sorta di Paradiso. Tutta la sua vita reale gli appare monotona: negli uffici egli non vede nemmeno la propria ombra e le finestre sono perennemente chiuse, mentre lui deve soltanto mettere firme o controllare bilanci (si notino i disegni di Nicholson che enfatizzano questi aspetti di perdita di personalità, raffigurando il protagonista e i suoi colleghi con facce che non hanno bocca). Sebbene l’uomo voglia restare per sempre nel mondo che ha sempre sognato, Mervyn gli spiega che in realtà deve svegliarsi e ne approfitta per suggerirgli di portare altri operai nel suo “regno”. Mervyn gli spiega però che se dovesse morire sognandolo, allora potrebbe restare lì per sempre. Dunque, detto e fatto, il protagonista tenta il suicidio con un disegno di Mervyn di fronte a sé, ma purtroppo fallisce. L’ultima pagina è concettualmente divisa in due in senso verticale. Nel lato sinistro Mervyn si chiede se l’uomo tornerà, ma se non dovesse farlo sarebbe ugualmente lieto perché vorrebbe dire che “è contento nel mondo reale” e quindi se ne potrebbe prendere il merito. Nell’altra metà vediamo il protagonista che è diventato ritardato per “un danno cerebrale” dovuto al suo tentato suicidio: tuttavia è diventato un mago della “trentasei” (una macchina tagliaerbe), quindi può dedicarsi alla fatica fisica e dire, nell’ultima vignetta, “grazie, uomo zucca”.
Ghiaccio.
Questa storia è scritta da uno degli sceneggiatori regolari della serie Peter Hogan e disegnata da Gary Amaro. Secondo me è una di quelle storie che potrebbero definirsi di transizione, poiché nulla sembra accadere di importante, ma comunque dà molti spunti che verranno sviluppati nella serie solo successivamente.
La storia è ambientata nel giorno prima di Capodanno. È una delle prime storie di The Dreaming in cui rivediamo Nuala, il dono fatto da Titania a Morfeo durante la miniserie La Stagione delle Nebbie. In questa storia la ragazza mantiene il suo vero aspetto usando “un po’ più di magia del solito, solo per nascondere le orecchie e passare per umana”, come lei stessa riferisce a Lucien che è giunto dalle Terre del Sogno per visitarla, proprio in occasione del Capodanno. Ricordiamo che la fata, con parole piuttosto dure, si allontanò da Faerie nel n.69 di The Sandman. Lucien pensa che Nuala stia ancora male per la morte di Morfeo che aveva a lungo amato (vedi il discorso tra Nuala e il Cluracan in The Sandman, n.70): e in effetti, la ragazza ha ancora il famoso pendaglio che il Signore dei Sogni le aveva donato e con il quale durante Le Eumenidi lo aveva richiamato a sé (n. 58 e n. 66 rispettivamente). Invece Nuala sembra entusiasta di vivere sulla Terra perché è finalmente libera di fare ciò che vuole, anche se non rinnega completamente il proprio dolore: “Ci sono cose che non possono essere cambiate. Fine della storia. Riguardo al dolore… be’ il dolore ci mette il suo tempo. L’amore… il vero amore… ti cambia, così si dice… e so che è vero perché l’amore per il mio Signore mi ha davvero… plasmato. E in questa forma, ora… sto imparando a crescere”. Eppure Lucien sembra continuare a essere preoccupato per Nuala; oppure è lui stesso innamorato di lei? Solo i numeri finali della serie The Dreaming (vedi n.60) ci daranno una risposta sicura.
Hogan sembra conoscere molto bene questo personaggio gaimaniano così come la cronologia di The Sandman. Non è un caso, infatti, che il protagonista ‘parallelo’ di questa storia sia il fratello di Nuala, ovvero il Cluracan. In una taverna egli si sta sbronzando (come al solito del resto) perché la sua regina Titania gli ha offerto di fare da ambasciatore a Llinor: il fatto particolare di questa vicenda è che le leggi di Llinor prevedono le nozze per ogni ambasciatore che provenga da Faerie. Insomma, Titania gli ha giocato un brutto scherzo e il Cluracan sta temporeggiando. Mentre è lì arriva la propria Nemesi, ovvero quella parte di se stesso cui ha dato vita uscendo fuori dal giusto sentiero del Palazzo di Morfeo in quello stesso n.58 che abbiamo menzionato precedentemente (e proprio nel n.70 la Nemesi si presenta al Cluracan). La Nemesi, nonostante tutto, non ha cattive intenzioni e quindi si offre di sostituirsi al Cluracan per la missione. È una pace fatta tra due quasi fratelli? Sembra di sì, tranne che per una frase ambigua del finale “la loro unione avrebbe generato un frutto” riferito al rapporto tra la Nemesi e la sua consorte. Sicuramente, l’altra sceneggiatrice Caitlìn Kiernan continuerà a sviluppare questo rapporto tra Cluracan e la Nemesi, anche se questo dettaglio non verrà approfondito ulteriormente (The Dreaming nn.44-49; in queste storie ricompare anche Nuala e avrà fondamentale importanza il pendaglio su menzionato) . Il ‘gioco dei doppi’ tra il Cluracan e la Nemesi è scandito da una sorta di gara automobilistica che il Giano Bifronte compie per le strade di Londra: “Alla porta dell’anno, il dio delle soglie insegue la sua stessa coda”. È una sagace glossa alle vicende dei due elfi che Hogan ha saputo sfruttare bene, riproponendo nel finale le due macchine che superano la Nemesi che sta cavalcando per Faerie.
Conclusioni.
Questo volume, nonostante l’eterogeneità, mi è piaciuto abbastanza. Ho trovato abbastanza divertente, soprattutto per il finale, la storia Il Bacio del Coyote. Continuo a trovare molto interessante lo sfruttamento e l’approfondimento di personaggi gaimaniani (creati o sviluppati soprattutto da lui): Matthew, Eva, Mervyn, il Cluracan e la sua Nemesi, Nuala e Lucien non sono più semplici comprimari ma decisi protagonisti. Ritengo tuttavia che, per vedere delle storie veramente belle (e drammatiche) con protagonista Matthew, bisogna aspettare qualche numero ancora, con il ciclo Kiernan.
Ho trovato un po’ amara la storia con protagonista Mervyn, anche se sviluppata molto bene per ritmo e disegni. Ho ovviamente trovato molto interessante l’ultima storia anche se, probabilmente, sarebbe stato meglio antologizzarla più avanti (e forse avrei gradito qualche nota in più per ciò che riguarda le storie di The Sandman che richiama). I disegni mi sono piaciuti perché adatti alle storie anche se ho trovato il tratto di Amaro un po’ ‘pesante’. Comunque il mio giudizio sul volume è sostanzialmente buono; sarà forse la supervisione di Gaiman che mi influenza?
GIUDIZIO |