Dodicesima puntata dello speciale di Glamazonia dedicato ai Trent’anni di Sandman, il celebre character nato dalla penna di Neil Gaiman. Breve riassunto. Dopo l’introduzione di Marcello Vaccari (fondatore di Glamazonia), si sono susseguiti una serie di articoli: l’analisi di “Vite Brevi”; l’articolo di Alessandro Assiri (“Sogna ragazzo sogna” ); l’approfondimento “Sulla figura di Hamnet fra Ulisse e Titania”; un bellissimo viaggio nel Reame del Sogno; un percorso ipertestuale nella Stagione delle Nebbie; le recensioni di “Oltre le Sabbie del Sogno”, di “Una Strana Storia d’Amore e de “Il Bacio del coyote”, queste tre ultime tratte dalla serie The Dreaming; e la recensione di “Sandman present: Due ragazzi morti”. A queste è seguita la recensione del volumetto “Sandman present: Le furie“. Oggi si torna sulla serie principale con una sequenza di 6 storie molto particolari , Scopriamone il perché.
Buona lettura Mario B.
La locanda alla fine dei mondi
World’s End
The Sandman #51–56 (luglio-dicemnbre 1993)
(The Sandman #8, 1995)
Prima edizione italiana del 1997 (Magic Press)
by Neil Gaiman
Mike Allred Gary Amaro Mark Buckingham David Giordano Tony Harris Steve Leialoha
Vince Locke Shea Anton Pensa Alec StevensBryan Talbot John WatkissMichael ZulliTodd KleinStephen King
Di Fabio Ciaramaglia (revisione di Marcello Vaccari)
There are other places Which are also the world’s end, some at the sea jaws, Or over a dark lake, in a desert or a city- But this is the nearest, in place and time
T.S. Eliot, “Little Gidding” in Four Quartets, vv.35-38.
Una delle raccolte più particolari della serie The Sandman è sicuramente World’s End (The Sandman 51-56; La locanda alla fine dei mondi nella edizione italiana targata Magic Press). Ciò che la rende particolare è sicuramente la struttura: mentre altre saghe di Sandman sono state raccolte insieme o per motivi commerciali (ristampare i comic-book in edizioni da collezione, siano esse paperback o hardback: è il caso, a mio avviso, di Fables and Reflections) oppure perché la saga conclude un arco di storie ben definito (per esempio Preludes & Nocturnes). World’s End, invece, nasce proprio come un’unica storia estesa attraverso sei numeri nei quali, all’interno di una cornice, ci sono dei personaggi che raccontano a loro volta delle storie. Per il pubblico italiano questo richiama ovviamente Boccaccio e il suo Decameron, ma, come Neil Gaiman stesso ammette
“I liked the idea of using one of the oldest storytelling devices in the English language. If you’re going to steal, you might as well do so from a great source, and Canterbury Tales definitely qualifies” (
Mi piaceva l’idea di usare uno dei più vecchi metodi del racconto della lingua inglese. Se devi rubare, puoi farlo da una grande fonte, e i Canterbury Tales decisamente lo sono”; trad.mia; Hy Bender, The Sandman Companion, Titan, 1999, p.176).
Quindi la fonte di riferimento è Chaucer (anche se i versi di T.S. Eliot citati in apertura potrebbero essere anch’essi un’ispirazione), che iniziò a scrivere i suoi racconti nel 1387 e continuò a lavorarci fino alla sua morte (1400), anche se l’ispirazione dello scrittore inglese è chiaramente Boccaccio. Forse però la situazione drammatica in cui i personaggi si ritrovano nella locanda ci ricorda più la peste boccaccesca che il pellegrinaggio chauceriano. Infatti gli avventori si ritrovano insieme perché c’è una “tempesta di realtà”, un grande sconvolgimento cosmico: è la morte dell’Endless Morfeo, come si evince dalle ultime pagine dell’ultima storia. Così come in Chaucer, in World’s End abbiamo un’estrema varietà di argomenti nelle storie che vengono a mano a mano raccontate: si passa dal “cappa e spada” al racconto di mare, dalla fantascienza-horror alla Lovecraft all’avventura. Il volume è comunque molto denso di citazioni letterarie e culturali, alcune delle quali sono rilevate prontamente nella introduzione a cura di Stephen King.
Altra particolarità di questo volume è che ogni storia è disegnata da un artista diverso, probabilmente quello più adatto al tema narrato. Andando nel particolare, dobbiamo dire fin dall’inizio che oltre alle storie raccontate c’è anche la storia della cornice, quella degli umani Brant Tucker e Charlene Mooney, che, in seguito a un incidente stradale, si ritrovano insieme a degli esseri provenienti da vari piani di esistenza. Nel finale Charlene decide di restare a lavorare alla locanda, desolata come è a causa della sua vita piatta e monotona che conduce normalmente. E sarà lo stesso Brant a raccontare tutta la storia della locanda a una barista, incerto lui stesso se quello che ha vissuto sia stato vero (l’identità di Charlene viene cancellata e perfino i documenti della sua macchina diventano magicamente intestati a Brant). I Disegni della cornice sono di Bryan Talbot e Marck Buckingham.
La prima storia (la più breve), raccontata dal signor Gaheris (forse il nome deriva da un fratello di Sir Gawain della Tavola Rotonda), “A Tale of Two Cities”, oltre alla citazione nel titolo di un omonimo romanzo di Dickens, ci mette avanti agli occhi una vita metropolitana estraniante di un uomo chiamato Robert. Questi resta per un certo momento intrappolato all’interno del sogno della città, poi riesce a fuggire e, incontrando il narratore della storia, gli dice “Se la città stava sognando, allora vuol dire che dormiva. Ed io non ho paura di città che dormono, sdraiate, prive di conoscenza lungo i propri fiumi ed estuari, come gatti alla luce della luna. Le città che dormono sono docili e inoffensive. Quello che temo è il giorno in cui si risveglieranno. Quel giorno le città si alzeranno” (utilizzo qui la traduzione di Pasquale Ruggiero del volume Magic Press). La conclusione della storia è per Gaheris che afferma “Da allora è con meno agio che cammino nelle città“. L’incontro tra Sandman e Robert all’uscita dal treno, ricorda una vignetta analoga che compare nella parte 11 di The Kindly Ones. I disegni sono di Alec Stevens.
Da questa storia inquietante passiamo a una più “solare” con protagonista il Cluracan di Faerie, il fratello di Nuala: “Cluracan’s Tale” è forse la storia meno riuscita del volume, come lo stesso Gaiman ammette, proprio perché cerca di addensare in una ventina di pagine ciò che ne avrebbe necessitato almeno il triplo. Il racconto di cappa e spada è piuttosto debole e l’unica nota di menzione è l’apparizione di Morfeo che, per intercessione di Nuala, salva il Cluracan da morte certa. È probabile che Gaiman volesse approfondire uno dei personaggi minori della serie e in effetti è solo questo che riesce nella storia: come al solito il Cluracan ci viene presentato come un vanaglorioso spadaccino perennemente all’inseguimento del caos che egli stesso provoca e altrettanto perennemente attaccato alla bottiglia. Disegni di John Watkiss.
La terza storia, “Hob’s Leviathan” (gioco di parole su Hobbes’ Leviathan), è certamente più interessante. Si apre con la narratrice che dice “Chiamatemi Jim” (“Call me Jim” con ovvia citazione dell’apertura di Moby Dick, “Call me Ishmael”; ma forse c’è un altro riferimento a un altro romanziere di avventure per mare, ovvero Joseph Conrad autore di Lord Jim). Questa storia è molto interessante perché è narrata da una ragazza, Margaret detta “Peggy”, che, volendo viaggiare per mare, si finge un ragazzo. Questa finzione rende ovviamente anche poco credibile ciò che è narrato, tant’è che Charlene dirà, verso la fine del volume, che non ci sono storie nella locanda che parlino di donne. La storia è ricca di citazioni culturali: dall’apertura alla Melville al marinaio che legge Yeats, dalla nave che si chiama come quella di Dracula al libro donato a Jim dal titolo Ballate del mare salato (ci richiama ovviamente Corto Maltese, che a sua volta riprendeva il titolo dall’omonima raccolta di John Masefield). Per ciò che riguarda la serie, invece, è il caso di ricordare uno dei miei personaggi preferiti e che dà, tra l’altro, il titolo alla storia: Hob Gadling. È lui il proprietario della nave ed è lui a capire fin da subito che Jim è una ragazza. Hob compare in un periodo (fine ‘800) in cui ha da relativamente poco smesso con il mercato degli schiavi, quello stesso commercio di cui si vanta nell’incontro del 1789 in Sandman n. 13 e quello di cui è estremamente pentito in Sandman n.73. L’apparizione di un altro immortale, un antico re indiano, dà a Gaiman di amplificare il gioco a incastro: infatti il re racconta a sua volta una storia di come è riuscito a ottenere l’immortalità mangiando i frutti dell’Albero della Vita. I disegni sono del grande Michael Zulli, e non è un caso che sia la prima che l’ultima storia in cui compare Hob siano disegnati da lui stesso. Menzione infine per una delle pochissime “splash-page” dell’intera serie: quella dedicata al serpente di mare, il leviatano del titolo, alle pagine 18-19, che nella sua enormità fa sembrare la Sea Witch una barchetta giocattolo (in basso a destra).
La quarta storia, “The Golden Boy”, ha come protagonista Prez Rickard, un vero e proprio ragazzo d’oro che, dopo svariati piccoli e grandi ‘miracoli’, ascende fino alla Casa Bianca per poi sparire dopo il termine dei suoi due mandati presidenziali. Tutta la storia è ambientata in una sorta di universo alternativo in cui Prez cerca di mettere in pratica il “sogno americano”, non solo per sé ma per tutti gli americani. La sua storia è comunque drammatica, perché perde la compagna della sua vita Kathy, assassinata. Lungo tutto il corso della sua folgorante carriera egli è tentato da Boss Smiley, una sorta di rappresentante dell’universo del consumismo e della superficialità (molti ragazzi sono rappresentati con indosso degli ‘smile’). Prez non accetta mai le sue lusinghe, perfino quando Smiley cerca di riportargli Kathy. Nel momento della sua morte, dopo l’incontro con Death, Prez viene tentato un’ultima volta da Smiley, ma viene in qualche modo salvato dall’intervento di Morfeo, perché lui, Principe delle Storie, ha bisogno di un ragazzo che tante storie ha in qualche modo creato. Il finale è forse un po’ moralistico, ma è comunque apprezzabile: nessuno può comprare i nostri sogni, potrebbe essere il messaggio finale. I disegni, non a caso in uno splendido stile “anni 70”, sono di Mike Allred. Prez (il nome è un diminutivo di “president”) è un vecchio personaggio creato da Joe Simon per la DC Comics, che ebbe una serie tutta sua negli anni 70 (dall’Agosto 1973), abortita miseramente dopo solo 4 albi, nonostante una piccola schiera di affezionati fan che ancora lo ricordano. Non è comunque mai stato inserito nella continuità dell’universo DC proprio per via della sua peculiare carriera, in cui era divenuto il più giovane presidente degli stati uniti!!! Gaiman in questa storia dimostra di conoscerlo benissimo (Boss Smiley compreso, chissà, forse da piccolo lo aveva letto!), e ne fa un vero e proprio epitaffio, un finale compiuto per una storia che all’epoca fu lasciata in sospeso.
Annotiamo che dopo l’apparizione su Sandman N.54, che aveva suscitato le reazioni entusiastiche di quei pochi “nostalgici”, Perz è stato anche protagonista di una storia, “Smells Like a Teen President” (con evidente omaggio ai Nirvana e alla generazione dei loro fans), scritta da Ed Brubaker e disegnata da Eric Shanower, comparsa nel 1995 su Vertigo Visions n.1 e pubblicata da noi in due parti su Il Corvo Presenta nn.21-22 (1997). Onestamente ho apprezzato più la versione Gaiman.
L’ultima storia raccontata è “Cerements” da parte di Petrefax. Personalmente, l’ho trovata molto divertente e al contempo macabra, visto che parla di morti e di modalità di sepoltura, per la gran parte. Al suo interno ci sono altre storie, alcune raccontate e alcune “raccontabili” solo in potentia visto che, verso la fine del suo racconto, Petrefax è interrotto dal suo maestro Klaproth che teme che egli racconti troppi segreti sulla morte. Una delle storie nella storia parla di come la città di Petrefax, Litharge (Letargirio nella versione italiana), fu costruita per seppellire la prima Distruzione: è lo stesso Distruzione, quello comparso in Brief Lives, che la racconta a uno dei “becchini”. Nell’apertura di The Sandman n.70 (The Wake), in effetti, per seppellire Morfeo proprio uno degli emissari di Litharge compare per spiegare la funzione funebre e gli oggetti necessari per celebrarla (il sudario, soprattutto). I disegni sono di Shea Anton Pensa e Vince Locke. Petrefax è anche il protagonista di una miniserie in quattro parti, The Sandman Presents: Petrefax, di Mike Carey e Steve Leialoha, uscita nel 2000 (onestamente non so se sia stata pubblicata in Italia).
Concludendo, possiamo dire che in questa saga Morfeo non è protagonista diretto, ma indiretto di tutte le storie che si raccontano: perfino in quella di Petrefax in cui invece compare Distruzione, c’è un’ovvia anticipazione della sua morte. D’altronde è proprio la “tempesta di realtà” scatenata dagli eventi a lui legati a creare questo incontro tra esseri così diversi. Gaiman tributa quindi al suo stesso personaggio, il Principe delle Storie come spesso è chiamato, una storia sulle storie alcune delle quali ne contengono delle altre. Per l’estrema varietà delle tematiche trattate e per il non eccessivo legame con il resto della serie, questo è il volume che consiglio sempre a chi si voglia accostare per la prima volta al mondo di Sandman. Attraverso i personaggi e le ambientazioni creati da Gaiman, World’s End si presta a tutti i possibili lettori, anche quelli che non leggono fumetti abitualmente; ma allo stesso tempo può suscitare in essi la curiosità di saperne di più su questa misteriosa figura scura che compare in quasi tutte le storie, e quindi agevolargli il passaggio per poi leggere la serie regolare, in ordine cronologico. Sebbene da molti considerato una sorta di “pausa di riflessione” tra Brief Lives e The Kindly Ones, a mio avviso World’s End ha una dignità tutta propria e soprattutto una relativa autonomia dal resto della serie che dimostra, ancora una volta, quanto Gaiman sia abile nell’antica arte del narrare.