RIPROPOSTA
Dopo tanti bei fumetti U.S.A. ecco una recensione di un manga, di un capolavoro di Osamu Tezuka, ad opera di Giuseppe Condorelli, rintracciabile in italia in 3 edizioni: del 1998, del 2010 e del 2013.
Vi Auguro un buon nuovo anno pieno di tanti fumetti.
Mario Benenati
P.S.: Se la lettura sarà di vostro gradimento, condividete quest’articolo. Grazie
LA STORIA DEI TRE ADOLF
di Osamu Tezuka
Hazard Edizioni, Milano 1998.
5 volumi da 268 pagine b/n,
brossura con sovracopertina
20.000 Lire cad.
(9,90 euro cadauno, scontati su www.fumetto-online.it)
NOTA BENE: L’edizione del 2010, composta da tre volumi brossurati,
ha un costo complessivo di 45,00 euro (fonte IBS.it)
Recensione di Giuseppe Condorelli
CONTAMINAZIONI
Ci sono affinità insospettate fra testi lontani ed apparentemente inconciliabili come un romanzo e un fumetto. Almeno secondo la vox populi che considera il mondo delle nuvole parlanti come genere di intrattenimento pre-puberale, da frequentare di nascosto nel chiuso del bagno o del ripostiglio e a ragione surclassato dalla più colta Letteratura. Eppure, per noi che leggiamo senza preconcetti, La storia dei tre Adolf di Osamu Tezuka, la pentalogia edita dalla milanese Hazard (nel 1998, nel 2003 e nel 2010 anche nell’ultima edizine fu divisa in 3 voòlumi, nda), è un piccolo capolavoro a fumetti che vale tanto quanto gli splendidi Violette di marzo e Il criminale pallido, i due romanzi della trilogia berlinese (che si è conclusa con Requiem tedesco) dello scozzese Philiph Kerr, stampati per i tipi della Passigli Editori.
Ad accomunare le due pubblicazioni una città – Berlino – ormai luogo-chiave dell’ immaginario collettivo, la Berlino dal clima grigio e feroce del governo nazista; ed una ricerca da detective-stories entro cui si dipanano le vicende di due protagonisti: l’ex kriminalinspector e attuale private eye Bernhard Gunther dei romanzi di Kerr, impelagato in torbide inchieste, e Sohei Toge, il giornalista giapponese della storia di Osamo Tezuka, braccato dalle agenzie spionistiche internazionali e dalla Gestapo dopo essere riuscito a mettere le mani sui documenti che comproverebbero le origini ebree nientemeno che dello stesso Adolf Hitler.
Una città, nella quale non fare il saluto significa correre il rischio di un pestaggio. Una città a misura d’ ariano che rinnova i suoi miti razziali sulle colonne del Der Sturmer, il giornale antisemita degli anni ’30 e del Beobachter, foglio ufficiale del Partito Nazista. Una città che si avvia felice ed inconsapevole – in mezzo al tripudio delle Camicie Brune – alla mattanza, autocelebrandosi sul palco ufficiale delle Olimpiadi del 1936 ma strizzando miseramente l’occhio – dietro le quinte – all’inflazione, al mercato nero, alla più becera corruzione farcita di formidabile violenza nazista. E la penna di Kerr è magistrale nell’evocarla. Dalle sua pagine emerge una conoscenza meticolosa della città, delle sue strade, dei suoi ritrovi, una ricostruzione sorprendentemente dettagliata e fedele dell’ atmosfera berlinese durante il governo nazionalsocialista: (…) una grande casa infestata da fantasmi, piena di angoli bui, di poltergeist in libertà che scagliano libri, sbattono le porte, spaccano vetri, urlano nella notte.
Se il sarcasmo e il crudo disincanto storico sul nuovo ordine imposto dalla svastica sono la cifra della scrittura di Kerr, tutto il peso della follia nazista e dei suoi orrori sottobanco (si pensi alla lunga sequenza dedicata a Dachau nell’ultima parte del primo romanzo) è sostenuto dall’atmosfera boiled, erede di una tradizione che non può non farci pensare ad Hammett o a Chandler. Nei gesti e nella personalità di herr Bernie Gunter sembra rispecchiarsi un Marlowe tutto europeo e perciò più filosofo, con la sua Hanomag nera invece della convertibile e con le fedeli Muratti al posto delle Chesterfield
L’ opera di Osamu Tezuka ha avuto una gestazione assai lunga: si pensi che uscì a puntate sulla rivista Shukan Bunshun in anni lontani: tra il 1983 ed il 1985.
Lo stile un po’ algido e uniforme, tipico della tradizione fumettistica nipponica ne La storia dei tre Adolf invece, si scioglie in un intreccio appassionante e seducente che, senza perdere di vista il piacere dell’ironia e del gioco proprio dei manga, si fa via via assai energico e fortemente politico. In più, l’ intreccio permette uno sguardo attento e critico sulle vicende storiche dell’est asiatico alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale (i volumi contengono infatti una accurata cronologia degli avvenimenti significativi degli anni 1936-’37).
Proprio per tutti questi motivi La storia dei tre Adolf ha stravinto il prestigioso riconoscimento internazionale Hector Hoesterheld (nel 1997, nda), capace, come è stata, di fondere fantasia e realtà in una lunga e coinvolgente vicenda nella quale sono condannati l’intolleranza e gli odi interetnici. Motivazione che allunghiamo volentieri pure ai romanzi di Kerr. Due letture speculari, dunque, due testi interscambiabili ad onore e gloria della letteratura – fumetto incluso – senza barriere e senza pregiudizi
Philip Kerr, Violette di marzo; Il criminale pallido; Requiem tedesco. Passigli Editori, Firenze-Antella, 1997, 1998, 1999 £ 28.000 (cad.)
GIUDIZIO GLOBALE: |