RIPROPOSTA
Torniamo negli USA, per scrivere di Neil Gaiman, ad un mese di distanza dal termine dello speciale dedicato ai trent’anni di Sandman.
In concomitanza con l’uscita della seconda stagione di American Gods su Amazon Prime, ecco una bella recensione del romanzo da cui è tratta la serie televisiva.
Mario Benenati
Neil Gaiman:
American Gods,
Harper & Collins, 2001
pp. 594 (paperback) $7,99
Ed. italiana: Mondadori (2002), 16,00 euro
Recensione di Fabio Ciaramaglia
Dal fumetto alla letteratura: American Gods di Neil Gaiman.
Nell’ultimo anno ho letteralmente fatto un’abbuffata di testi in inglese, la maggior parte dei quali di genere chiaramente fantasy: in rigoroso ordine cronologico, ho letto i quattro libri della Rowling del ciclo Harry Potter, ho riletto The Lord of the Rings di Tolkien, la New York Trilogy di Paul Auster (l’unico libro forse per il quale il termine ‘fantasy’ non è applicabile del tutto) e ho infine affrontato American Gods di Neil Gaiman. Effettivamente per me, studioso di letteratura inglese e americana, è abbastanza normale leggere a questo ritmo ma, soprattutto, il ritmo stesso è sostenuto dalla passione che gli autori riescono a trasmettermi. Per Gaiman il caso è addirittura alle soglie del patetico, perché credo che la mia idolatria per questo autore mi farebbe leggere anche la carta igienica se sopra ci fossero parole scritte da lui. Tuttavia, avendo nel DNA anche qualche gene del critico letterario, a volte riesco ad essere critico anche nei suoi confronti. Ovviamente non è questo il caso.
Lasciata la serie Sandman, ed era il 1996, Gaiman ha fatto solo sporadiche comparse nel mondo del fumetto (Mr Punch e Harlequine Valentine, per esempio, entrambi pubblicati in Italia per la Magic Press) e per lo più si è dedicato alla narrativa in senso stretto. Per l’appunto, fra gli ultimi lavori che ha prodotto per la Vertigo ci sono Stardust (1998) e Sandman: The Dream Hunters (1999) entrambe opere per le quali la definizione di ‘fumetto’ probabilmente non è del tutto calzante, poiché sono a tutti gli effetti fiabe con illustrazioni (Charles Vess e Yoshitaka Amano rispettivamente). Chi ha letto queste due opere si è reso conto comunque che lo stile di Gaiman è perfettamente riconoscibile: ci sono storie d’amore travagliate immerse in mondi fantastici abitati da esseri fantastici paralleli a mondi reali abitati da esseri reali. Il tutto è costruito secondo una forte conoscenza delle varie mitologie di appartenenza e le ambientazioni storico-sociali (Inghilterra, Giappone, USA). Se da una parte ci sono la ancestrale triade femminile (che compare in Sandman, in Stardust e in Dream Hunters, ogni volta in una veste diversa ma al contempo uguale), dall’altra ci sono persone comunque comuni come Tristran Thorn di Stardust o il Monaco di Dream Hunters. Gaiman ha sempre una decisa attenzione per l’Uomo in quanto tale, alle sue scelte e azioni compiuti in base al coraggio, all’amore o alla fedeltà. E’ un uomo comune anche il protagonista dell’altro romanzo di Gaiman, scritto in prossimità della chiusura di Sandman, Neverwhere (1996, la cui traduzione è pubblicata da Fanucci): Richard Mayhew si ritrova catapultato in una Londra parallela e sotterranea e per aiutare Lady Door perde completamente la propria identità nella Londra ‘normale’. Poi semmai, utilizzando il ‘device’ dell’agnizione, possiamo scoprire che questi uomini hanno strane origini: ma sempre in quanto membri dell’Umanità avevano operato nel bene. Gaiman descrive anche grandi personaggi femminili, come Serafina, la Volpe e Lady Door: la donna in quanto tale è sembra associata al mondo magico che rappresenta. Ovviamente ci sono anche i cattivi, sia tra gli uomini che tra gli déi: le loro azioni sono generalmente dettate dall’ambizione: vogliono il regno i figli del re di Stormhold in Stardust, vuole una sorta di vita eterna il Master of Yin-Yang in Dream Hunters e vuole rientrare in Paradiso per riconquistarlo l’Angelo caduto Islington di Neverwhere.
Con American Gods (2001; 2002 per l’edizione italiana della Mondadori), Gaiman sembra aver raggiunto un’ancor più piena maturità come narratore. E’ la storia di Shadow, un trentatreenne che è finito in prigione per una rissa con i complici di una rapina che egli stesso non voleva compiere. Per tre anni resta in prigione e nel frattempo, senza che lo sospetti, sua moglie Laura ha una storia con il suo migliore amico con il quale muore dopo un incidente stradale. Durante il viaggio di ritorno per il funerale di Laura, Shadow incontra Mr Wednesday, un ambiguo personaggio con un occhio di vetro. Sembra sapere molto sul suo passato, ma anche sul suo futuro. Shadow viene assunto da Wednesday in qualità di ‘gorilla’ e autista. Questo è pressappoco ciò che potete leggere nel retro di copertina, ma ovviamente posso dirvi qualcosa in più senza rovinarvi la suspense e il piacere di leggere il libro (magari, tra qualche anno, potrò analizzare in dettaglio anche quegli aspetti del romanzo che ora non tratterò). Wednesday è in realtà Odino (d’altronde il nome del giorno in inglese deriva da Wotan’s Day) e sta organizzando una sorta di resistenza dei vecchi déi contro i nuovi déi che avanzano: gli déi della televisione, dello spettacolo, di internet e del business. Il campo di battaglia sono gli USA e il romanzo si trasforma in una sorta di On the Road di Kerouac per come si sposta l’ambientazione dalla Florida al Michigan, dalla California a Chicago o New York, tra bassifondi e riserve indiane e fra quartieri d’alta società (pochi). Durante il viaggio Wednesday cerca di reclutare ‘déi-soldati’ per la sua battaglia. E’ un’America molto lontana dagli stereotipi auspicati dai nuovi déi, eppure è un’America che sembra aver dimenticato anche quelli vecchi. Shadow sembra sempre tranquillo perché non ha più una vita reale a cui tornare e il suo soprannome è dovuto in gran parte al fatto che fa poche domande. Ma in realtà lui stesso è un campo di battaglia perché sia i nuovi che i vecchi déi vogliono averlo con loro. La dea della TV cerca perfino di corromperlo mostrandogli le tette della popolare Lucy delle sit-com anni ’50. Ma Shadow è fedele e fino alla fine resterà dalla parte dei vecchi déi. Non ci sono soltanto déi in senso stretto: ci sono anche Leprechaun, Bisonti umanoidi, goblin o coboldi. Sono tutti esseri che hanno attraversato l’Atlantico e che hanno continuato ad essere venerati dai primi coloni americani (ci sono molte divagazioni su questi temi su quelli che sono chiamati ‘racconti di Mr Ibis’). Gli unici momenti di reale tranquillità per Shadow sono tuttavia quelli in cui si ritrova a Lakeside dove riesce a conoscere molta gente valida e simpatica. Ma la stessa cittadina tranquilla di Lakeside nasconde un terribile segreto legato a dei ragazzi che spariscono ogni anno: un thriller che si risolverà soltanto nelle ultimissime pagine del romanzo. Shadow è comunque afflitto da stranissimi sogni ovunque egli si trovi: soltanto alla fine del romanzo riusciremo a comprendere in pieno i significato di essi. Shadow è tranquillo anche quando lavora nella Funeral Home di Cairo (nei pressi di Memphis) per Mr Ibis e Mr Jacquel (ogni riferimento agli déi Egizi è perfettamente voluto…) e sogna di far l’amore con la dea felina Bast. Eros e Thanatos non sono legati soltanto nell’episodio di Cairo. Laura, la moglie di Shadow, non è morta completamente e vaga per gli USA cercando di salvare il suo vivo-marito dagli sgherri dei nuovi déi. Shadow, nonostante tutto, la ama ancora e vorrebbe riportarla in vita, ma è difficile perché perfino gli déi muoiono (Thor si è suicidato, per esempio). Non vi dico altro su Laura, ma sappiate che ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo della storia. Comunque ci sarà una sorta di Ragnarok in cui nuovi e vecchi déi si distruggeranno a vicenda. ‘A storm is coming’. O forse no.
Gaiman riesce a rappresentare gli déi secondo gli stereotipi che noi conosciamo: ma nella coerenza del romanzo è proprio questo che li tiene in vita e dà loro potere. Quella di Gaiman a me è parsa una sorta di critica alla società americana (ma al contempo anche a quella umana in generale) che dimentica i vecchi déi e i vecchi valori per quelli nuovi, i quali, a loro volta, sono spesso dimenticati nel solo arco di una stagione. Nei vari dialoghi di Shadow sia con gli déi che con gli altri uomini, ci sono delle piccole perle di saggezza. Riporto una piccola parte di un lungo discorso sul ‘credere’ da parte di Samantha Black Crow:
‘I believe that […] while a human life is sacred there’s nothing wrong with the death penalty if you can trust the legal system implicitely, and that no one but a moron would ever trust the legal system’
(p. 395. ‘Io credo che se ogni vita umana è sacra, non c’è nulla di sbagliato nella pena di more se puoi credere implicitamente al sistema legale, e che nessuno se non un sottosviluppato potrebbe mai credere al sistema legale.’ trad. mia).
Ci sono tante di queste piccole e grandi polemiche sparse nel libro e Gaiman appare sempre lucido nell’esporle e a far comprendere la sua posizione attraverso i vari personaggi. Anche in questo romanzo compare una triade femminile, quella delle Zora, sorelle di Czernobog, un violento dio che accetta di aiutare Wednesday solo se Shadow, alla fine di tutto, si farà colpire sulla fronte dal suo pesante martello. Poi c’è il ‘trickster’ Mr Nancy, un simpatico vecchio dio di origine africana che vuole semplicemente divertirsi, ma al contempo è comunque pronto alla battaglia. E ci sono gli uomini e le donne comuni da Chad Mulligan a Marguerite Olsen per finire con Audrey, la detestabile moglie di Robbie, il defunto ex-migliore amico di Shadow. Ma se c’è Odino, ci sarà anche Loki? In definitiva, tutti i personaggi, anche quelli minori, sono caratterizzati a tutto tondo: alla fine del libro si avverte la sensazione di aver lasciato dei vecchi amici che hai conosciuto per tutta la vita. Gaiman riesce ad avere un tocco particolare nel caratterizzare i personaggi, così come a districarsi tra mitologie e vita reale. E’ ciò che ha fatto con Sandman, Stardust, Dream Hunters e Neverwhere, e anche qui. Forse American Gods lo possiamo sentire più vicino a noi, perché, anche se a noi non piace ammetterlo, gli Stati Uniti influenzano il nostro modo di vivere. Ci immedesimiamo nei racconti di Mr Ibis di coloni che arrivano in America con tutto il proprio bagaglio di speranze e frustrazioni e con le proprie credenze perché pensiamo a qualcuno dei nostri parenti che è emigrato. Ci immedesimiamo nel desiderio di una vita normale di Shadow. Avvertiamo che anche nella nostra società è in corso da molti anni un conflitto tra vecchi e nuovi déi. Nonostante le ben cinque pagine di riconoscimenti critici e nonostante il titolo di ‘New York Bestseller’, io personalmente spero che Gaiman non si monti la testa e inizi a diventare davvero uno scrittore di bestseller alla Wilbur Smith o alla Rowling (con tutto il rispetto per costoro). Forse un giorno sarà considerato un semplice fenomeno del suo tempo oppure ce lo ritroveremo sui manuali di letteratura inglese. A noi continua a piacere così con il suo originale modo di trasmetterci tutta la sua passione per la mitologia e per l’umanità e per quel suo indurci a camminare tranquilli per strada e improvvisamente chiederci se la nostra gatta possa di notte trasformarsi in Bast.
Giudizio:
Bibliografia minima
Neil Gaiman: Neverwhere, Penguin/BBC, 1996 (pp.326). Ed. italiana Nessun Dove, Fanucci, 2001 (€ 8,50)
Neil Gaiman e Charles Vess: Stardust, Vertigo/DC Comics, 1998 (pp.224 con illustrazioni). Ed. italiana della Magic Press (2000), tradotta da Margherita Galetti. (€23,24);
Neil Gaiman e Yoshitaka Amano: Sandman: The Dream Hunters, Vertigo/DC Comics, 1999 (pp.128 con illustrazioni) Ed. italiana Sandman: I cacciatori di sogni, Magic Press (2002) tradotta da Daniele Brolli. (€13,43);
Neil Gaiman: American Gods, Harper and Collins, 2001 (pp.594, $ 7,99). Ed. italiana di Mondadori (2002), tradotta da Katia Bagnoli (€ 16)
Nota: il numero delle pagine è riferito alle edizioni originali.