RIPROPOSTA
Ci spostiamo dalla produzione USA a quella francese con questa recensione del romanzo a fumetti “Tempi Nuovi” di Tomaz Lavric, meglio conosciuto come TBC.
Buona rilettura e condividete l’articolo se vi piace.
mario benenati
Tempi Nuovi
Tomaz Lavric
2001 Glenat Editions, 48 p.
Edizione italiana: Tempi Nuovi
2003 by Magic Press Comics, 70 p.
costo 8,00 euro
Recensione di Damiano Gallinaro
La Città crudele di Tomaz Lavric
Lo scenario in cui si svolgono i brevi racconti di vita narrati da Tomaz Lavric ci viene presentato nella prima storia del volume intitolata significativamente “Tempi antichi “.
Leggendo le prime pagine del racconto di Lavric sembra di fare un balzo in un passato neppure tanto lontano ma che i tempi frenetici in cui viviamo fanno già pensare leggenda. Ci troviamo a rivivere l’inaugurazione di uno di quei grigi e tristi quartieri di operai che nelle città dell’ex blocco sovietico si costruivano attorno alla fabbrica in cui tutti gli operai lavoravano. I compagni sono tutti nel vasto e brullo piazzale a sentire parlare il burocrate di turno . Lavric da voce alla varia umanità presente, c’è l’operaio che protesta contro il regime e che viene portato lontano in una macchina nera e picchiato presumibilmente brutalmente, la moglie di uno dei cosiddetti quadri che si lamenta che un pari grado del marito ha avuto 10 mq in più di loro, qualcun altro che ancora crede in quelle vuote parole. E su tutti si staglia come un monito la gigantesca statua dell’operaio simbolo della rivoluzione comunista. La statua sarà un elemento ricorrente nelle storie di vita raccontate da Lavric, come anche lo saranno i mille interstizi dei palazzoni dove si chiuderà il cerchio che Lavric ha aperto con la prima storia. Eppure il quartiere sembra quasi sparire in ben quattro storie per poi ricomparire con i personaggi del primo racconto nell’ultimo, bellissimo e crudele, intitolato “ L’Angelo “, il momento in cui Lavric presenta il conto ai suoi personaggi.
Le storie di Lavric fanno il punto su cosa rimane dell’ex Yugoslavia dopo la caduta del Muro di Berlino, presentandoci l’altra faccia della ritrovata libertà e democrazia, presentando i reali problemi che gran parte della gente dell’est è costretta ad affrontare e che durante il regime sovietico o non esistevano o erano occultati dall’infinito grigiore di una vita quotidiana sempre uguale per tutti e senza pericoli. Tutti avevano un lavoro, poco mal pagato forse , ma tutti lo avevano e la loro esistenza seppur negata era sicura. Nella presentazione al volume e alle singole storie Lavric racconta i cambiamenti, non tutti positivi, introdotti dal contatto con l’occidente.
“ Il vicino “, la storia che segue il Prologo “ Tempi antichi “ , affronta il problema del nascente nazionalismo, rinato con forza soprattutto tra i giovani disagiati dopo il crollo del regime comunista. Come evidenzia giustamente Lavric il nazionalismo di ogni etnia era stato congelato, il problema era diventato ufficialmente inesistente. Nella breve e crudele storia di vita, l’ufficiale in pensione del vecchio esercito comunista jugoslavo diventa il tipico capro espiatorio, e il bersaglio della stupidità razziale di chi gli vive accanto e lo incontra ogni giorno. Un uomo fuori del suo tempo che ancora crede in una fraternità comunista contro un ragazzo che nella vita non ha conosciuto che le grigia mura di quel triste quartiere.
Ne “ La rapina “ troviamo disegnate le nuove tipologie del cittadino dell’Est Europa, solo alcune tipologie è bene sottolinearlo, ma quelle che più stigmatizzano la nuova realtà sociale. In un’agenzia di cambiavalute , un nuovo profilo di lavoratore apparso subito dopo la dissoluzione del sistema sovietico, si incontrano un nuovo ricco, un vecchio che ha appena preso la sua pensione, una ragazza che sogna storie romantiche e un poeta senza soldi che per disperazione decide di rapinare l’agenzia dove lavora la sua ragazza. Lavric sottolinea come durante il regime comunista non si sapeva neppure cosa fossero le rapine forse perché, è un mio inciso, non c’era nulla da rapinare.
“ Il vendicatore “ racconta di un bambino che per sfuggire la sua realtà si chiude nel suo mondo di fantasia che si è creato leggendo fumetti di supereroi americani e così finisce per non capire più il confine tra la realtà e il sogno. E’ anche , però, il pretesto per raccontare una storia di prostituzione, che , ancora una volta, precisa Lavric , non esisteva durante il regime sovietico.
“Gli esattori” è forse la storia meno riuscita e meno intensa del volume, che fa da ponte verso l’epifania finale, è la storia di un gruppo di ex spie che per guadagnare, non sapendo fare altro, lavorano presso agenzia investigative private. E’ una storia che racconta la nostalgia dei bei tempi andati, nostalgia, che d’altronde, impregna tutte le storie del volume.
“ L’angelo “, è la storia finale, la degna conclusione di piccole storie di solitudini estreme. Negli interstizi degli appartamenti del grigio caseggiato , nelle case abbandonate ritroviamo gran parte dei protagonisti del prologo. Sono, ormai, alcolisti allo stadio finale, che vivono di espedienti, sono homeless senza alcun futuro, alcuni ironici, disincantati. Lavric evidenzia come in effetti, gli alcolizzati erano il marchio di fabbrica del comunismo e che, si, in effetti vi erano anche dei barboni, fin qui niente di nuovo. Ma tra gli interstizi, adesso, vivono dei nuovi disadattati, nuovi stigmatizzati, i tossicodipendenti, prima del tutto inesistenti, come i fenomeni della disoccupazione e del licenziamento, portati all’Est dal contatto con l’Occidente. L’angelo in questione è una ragazza drogata di cui si innamora un alcolizzato che verrà deplorato dalla sua comunità per quella scelta deviante, e che nella scena finale tra i lampi del temporale cerca nel vuoto il suo volo
Leggete le storie, lasciatevi coinvolgere dalla nostalgia per il tempo che è stato e poi chiedetevi, chi è la vittima e chi il carnefice? La realtà come sempre ha contorni sfumati e il grigio è più frequente del nero o del bianco, come il grigio opprimente della città crudele di Lavric.