RECENSIONI |
Neil Gaiman Coraline ed. paperback £5,99 (€11,62) pp.171 Bloomsbury |
Recensione di Fabio Ciaramaglia
Coraline
di Neil Gaiman
Quasi in contemporanea con la recente vittoria (2002) di un premio
Hugo per la fantascienza per American Gods è
uscita una delle ultime fatiche di Neil Gaiman nel campo della narrativa: Coraline.
La storia è molto breve e scorrevole (personalmente l’ho letta in circa tre
ore), ma non per questo può essere facilmente presa sotto gamba. Il libro, tra
l’altro, è in procinto di essere riadattato cinematograficamente da Henry
Selick (A Night before Christmas).
La trama è più o meno la seguente. Una bambina di nome Coraline vive
con i genitori, i signori Jones, in una casa in Inghilterra (a dire il vero, il
luogo non è precisato). La casa era originariamente di una sola famiglia, ma
vista la sua dimensione è attualmente divisa in tre appartamenti. I vicini di
Coraline sono due ex attrici che vivono insieme (Miss
Spink e Miss Forcible) e una sorta di
‘addestratore di topi’ (Mr Bobo): essi hanno la
straordinaria abitudine di chiamarla ‘Caroline’ invece che con il suo vero
nome. Coraline ama molto esplorare i dintorni della sua casa e, visto che la
storia è ambientata circa una settimana prima dell’inizio della scuola, ha
tanto tempo a disposizione per potersi divertire. I dintorni della sua casa non
prevedono particolari pericoli se non quelli legati alla presenza di un vecchio
pozzo che, anzi, nel finale della storia ha un ruolo decisamente positivo. La
piccola è leggermente trascurata da parte dei propri genitori. I signori Jones
lavorano in casa, ma non hanno tempo da dedicare alle fantasticherie della
figlia: perfino la maggior parte del cibo preparato consiste di precotti e di
prodotti surgelati (se vogliamo escludere le pietanze ultra-speziate del padre).
Le esplorazioni più interessanti per Coraline, tuttavia, sono proprio
all’interno della casa quando trova una porta dietro la quale si nasconde un
muro di mattoni: è probabilmente solo un passaggio che risale al periodo in cui
la casa era di una sola persona, le spiega la madre. La piccola Coraline si
ritrova ad attraversarla e a incontrare i suoi ‘other
parents’, due genitori che sono, al contrario dei propri, pronti a
soddisfare ogni minimo suo desiderio, dalla cucina raffinata al giocare insieme
(‘Monopoly? Happy
Families?’ le chiede la other mother). L’unico
inconveniente è che questi esseri hanno dei bottoni al posto degli occhi e
vorrebbero che la ‘loro’ Coraline diventi come loro: quindi ne rapiscono i
veri genitori perché lei viva per sempre con loro. Coraline quindi sfida il ‘beldam’,
ovvero quell’essere sovrannaturale che è la sua ‘other mother’: ritroverà
le anime dei suoi genitori e di altri tre bambini che sono nascoste nella casa e
nei suoi dintorni e in cambio riavrà la propria normalità indietro. Con
coraggio, intelligenza, astuzia e l’aiuto di un gatto nero parlante Coraline
riesce nel proprio intento –vi ho rivelato il lieto fine, ma non vi voglio
dare troppi dettagli- e amerà per sempre un mondo in cui ‘The sky had never
seemed so sky: the world had never seemed so world’, differente
in tutto e per tutto da quello fittizio che la sua other mother aveva creato per
lei (quel mondo coloratissimo che si rivela essere in realtà completamente
grigio).
Leggendo questa storia mi sono ritrovato in una via di mezzo tra Alice
in Wonderland di Lewis Carroll e It di Stephen King: ovvero, una
sorta di What If? in cui King si ritrovava a scrivere le vicende di una
piccola Alice. Le caratteristiche di Coraline sono molto simili a quelle di
Alice: è educata, per bene, ha voglia di conoscere e di esplorare e,
soprattutto, non si lascia paralizzare dall’irrazionale che incontra. Ha
sempre buone parole per i suoi vicini, nonostante le storpino il nome, e si
sente una Indiana Jones (il suo cognome non è casuale) in miniatura;
l’incontro con il gatto nero parlante è una
chiara rivisitazione dello Stregatto. Al contempo c’è un’entità che si
nutre dell’amore dei bambini e che li condanna a una non-vita all’interno di
un mondo che ha creato appositamente per loro. Coraline è, a mio avviso, un
altro dei grandi personaggi femminili creati recentemente da Gaiman ed è erede
di Lady Door (Neverwhere), della Volpe (Dream Hunters), Serafina (Stardust)
e Laura (American Gods). È l’amore per i genitori che la guida e la
paura che possa perderli per sempre e con estremo altruismo mette a rischio la
propria anima per salvarli.
Trovo Gaiman sempre a proprio agio in trame che sfocino nell’horror e
ritrovo nelle sue storie alcune delle sue passioni che ha, negli anni, a sua
volta trasmesso a noi lettori. La sua passione per Shakespeare è sottolineata,
per esempio, dal passato delle sue attrici che hanno recitato Portia e Ophelia
(rispettivamente da The Merchant of Venice e Hamlet) oppure da
citazioni di Macbeth e di Romeo and Juliet pronunciate dalla
‘other Miss Forcible’ (‘Is this a dagger that I see before me?’ e
‘What is in a name? That
which we call a rose by another name would smell as sweet’). Proprio
i due personaggi di Miss Forcible e Miss Spink aiutano Coraline, prima che le
sue disavventure inizino, leggendole i fondi del tè (ammonendola anche sui
pericoli dello ‘Scottish Play’, ovvero Macbeth che, come è risaputo,
non pare porti proprio buono) e donandole un pezzo di pietra bucato attraverso
il quale lei riuscirà a vedere gli inganni creati dalla other mother. Altra
passione di Gaiman è quella per i gatti. Il gatto nero che da una parte della
casa di Coraline è schivo e dall’altra riesce finanche a parlare è un
tributo alla passione dello scrittore per la specie felina (vedi The Price
in Smoke and Mirrors il cui protagonista è proprio un gatto nero). Il
fatto che parli e che sia saggio non prevede che aiuti sempre Coraline, anzi,
molte volte le suggerisce sibillinamente qualcosa per poi concentrarsi nelle sue
abituali operazioni di toletta (accuratamente descritte dal grande amante di
gatti Gaiman).
Il mio giudizio sul libro è ottimo. Credo che possa essere letto da
tutti, soprattutto da genitori e bambini: la paura di perdersi e la gioia di
ritrovarsi per apprezzare anche quelle piccole azioni familiari di routine sono
un consiglio di Gaiman per non farci perdere di vista le cose realmente
importanti che possono perdersi nel turbinio e nella fretta del quotidiano.
Postfazione.
Quasi immediatamente dopo la nostra recensione su Coraline, il libro è stato
tradotto in italiano per le edizioni Mondadori (hardback, pp.144, €14,80).
Questo fatto è sicuramente positivo per tutta una serie di fattori, non ultimo
quello di rendere disponibile il testo di Gaiman anche per chi non ha potuto
procurarsi l'edizione originale. Il fatto poi che Mondadori sia uno dei maggiori
editori italiani, non può che far piacere agli appassionati di Gaiman che
possono vedere diffuse più capillarmente le sue opere narrative (anche American
Gods è stato tradotto per Mondadori). Inoltre, l'occasione della Fiera del
Libro per Ragazzi di Bologna (10-13 aprile 2003) ha fatto sì che il libro, lì
presentato per la prima volta in Italia, colpisse l'attenzione di alcuni nostri
giornalisti/critici letterari. A mio avviso, però, alcune critiche a Coraline
non sono del tutto positive, ma non sono molto chiare le motivazioni degli
scrittori. Ma andiamo con ordine. Leggo abitualmente due quotidiani, La
Repubblica e La Stampa, quindi il mio campione è molto limitato e non può
essere dato per rappresentativo di tutta l'informazione culturale: ma i due
casi, comunque, possono indicarci alcune delle debolezze di questo genere di
articoli comparsi sui nostri quotidiani.
Il Venerdì di Repubblica del 4-4-2003, pp.111 e 112, sezione 'Cultura',
articolo di Brunella Torresin. In alto a sinistra la copertina miniaturizzata
del Coraline/Mondadori e didascalia ('storia di una ragazzina alle prese con un
universo parallelo'). Al centro foto di Neil Gaiman con in mano una copia di
Sandman: The Dream Hunters e titolo dell'articolo: 'Questo signore rovinerà i
sogni dei nostri bambini'. Ho letto l'articolo e a Gaiman e a Coraline sono
dedicate quindici righe in cui vengono indicate altre opere dello scrittore (Sandman,
lavori per la BBC, Nessundove e American Gods) e viene fatta una brevissima
trama del racconto. Dopo la definizione dell'Indipendent ('un incrocio tra
l'Alice di Carroll e Stephen King'; io ho detto qualcosa di analogo, ma credo
che il quotidiano britannico l'abbia scritto prima di me, considerando che il
libro è uscito molto prima in Inghilterra che in Italia), si passa rapidamente
alla presentazione di altri libri per ragazzi. Sebbene il titolo dell'articolo
di Torresin si riferisca a una tendenza di quest'anno per cui, secondo le sue
stesse parole, 'il brivido s'impone come chiave per aprire cuori e menti dei
piccoli lettori italiani', è altrettanto vero che il genitore medio potrebbe
non essere allettato affatto da un libro che potrebbe inquietare i propri figli.
Il titolo dell'articolo non aiuta, anzi il suo impatto investe di una patina
negativa il potenziale acquirente di Coraline per i propri figli. Invece, come
ho cercato di evidenziare nella mia recensione è il recupero del concetto di
'famiglia' (comprensivo sia dell'amore che delle routine familiari) attraverso
uno spaventoso percorso di conoscenza compiuto dalla protagonista: magari il
figlio che legge dovrebbe sì inquietarsi, ma proprio per recuperare o
rafforzare il suo rapporto con i genitori. Insomma, nelle quindici righe
dedicate a Gaiman tutto ciò non traspare e quindi l'articolo di Torresin, a mio
avviso, non fa proprio un'ottima pubblicità al libro.
TTL in allegato a La Stampa del 5-4-2003, p.8, sezione dedicata alla Fiera dei
Ragazzi, articolo di Ferdinando Albertazzi. Una delle quattro mini-recensioni di
intitola 'Richler e Gaiman: sogni e orrori. La versione di Jacob, i fantasmi di
Coraline'. Anche qui, sole undici righe per parlare del libro di cui otto per
una sorta di trama che presenta delle leggere imperfezioni (gli 'altri-genitori'
non sono propriamente dei 'ruba-gioia'). È però la frase finale di Albertazzi
che mi ha un po' turbato: 'Ma nel sopravvalutato horrorfantasy di Neil Gaiman
(l'autore dei goticofumetti "Sandman"), calato in una ragnatela di
riferimenti letterari, Coraline prevale sull'altra madre in un abusato
dentrofuori dal Sogno e libera le "anime dietro lo specchio"'.
Sicuramente ogni recensore ha il diritto di dire la sua su ciò che recensisce,
è lo stesso principio che si segue su Glamazonia. Capisco che il 'dentrofuori
dal Sogno' possa effettivamente essere abusato, ma è anche il modo in cui lo si
usa a non renderlo tale: Gaiman è, a mio avviso, un maestro in ciò e,
leggendone anche altre storie, non si ha la sensazione di uno sfruttamento fino
all'inverosimile di un cliché. Riferendosi al solo Coraline, Albertazzi
potrebbe anche avere ragione, tuttavia il mix Carroll/King non è solo un
semplice filo di 'una ragnatela di riferimenti letterari', ma un'originale
trasposizione delle inquietudini dell'infanzia che l'infanzia stessa con le sue
proprie armi riesce a sconfiggere. La cosa che più mi ha infastidito è stata
la definizione di 'sopravvalutato horrorfantasy': sopravvalutato da chi? Dai
lettori di Sandman? Il giornalista/critico Albertazzi ne avrà sfogliata almeno
una pagina? Avrà letto anche le altre opere di narrativa di Gaiman? Oppure si
riferisce alla letterale torre di premi e riconoscimenti che giornalisti/critici
come lui hanno elargito a Gaiman? Molto spesso si ha l'abitudine di scrivere e
parlare senza conoscere (ho una brutta esperienza risalente al 2001 di una
conferenza su Harry Potter in cui i 'professoroni' al massimo avevano letto il
primo libro e la maggior parte di loro aveva solo visto il film…). È inoltre
fin troppo facile bollare negativamente un prodotto mentre lo si recensisce
senza entrare troppo nel dettaglio delle proprie motivazioni e argomentazioni.
Insomma, anche Albertazzi non fa una buona pubblicità a Gaiman e al suo
Coraline.
Mi rendo conto che questa postfazione sia addirittura più lunga della mia
recensione e sento il dovere di scusarmi per questo. Prima di concludere ritorno
all'inizio con una domanda che resterà aperta: è il caso che le nostre letture
(fumetti e libri fantastici) rimangano un prodotto di nicchia oppure è il caso
di accettare la sfida della grande diffusione e subire anche delle critiche? La
mia risposta provvisoria è che è inutile 'cantarsela e suonarsela' da soli
nella nicchia, ma emerge la necessità che la 'cultura ufficiale' non faccia
muro e che accetti anche di analizzare con competenza i prodotti che escono
dalla nicchia. Ma questa è la storia della cultura e solo il tempo potrà
rispondere.
P.S.: Nell'edizione in hardback del libro (Harper&Collins, 176pp, $15,99) la copertina è disegnata da Dave Mc Kean, mentre quella dell'edizione che ho utilizzato è di Yeti Mc Caldin.
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