RECENSIONI |
I due ragazzi morti: il segreto dell'immortalità (The Sandman Presents: Deadboy Detectives, 1-4) Ed Brubaker (w) Bryan Talbot e Steve Leialoha (a) Magic Press/Vertigo 96 pp. (brossura)/ €8,50 |
Recensione di Fabio Ciaramaglia
Morte
e immortalità in The Sandman Presents.
Uno dei volumi pubblicata nell’estate 2003 dalla Magic Press è I
due ragazzi morti detective: il segreto dell’immortalità (The
Sandman Presents: Deadboy Detectives, nn.1-4). Autori sono Ed
Brubaker alla sceneggiatura e Bryan
Talbot e Steve Leialoha ai disegni.
La storia è alquanto piacevole e divertente e vede come protagonisti Charles
Rowland e Edwin Paine, le cui vicende
iniziano in The Sandman n.25 (Gaiman, Wagner, Malcolm Jones III),
all’interno de La
Stagione delle Nebbie. Proprio in quel volume, l’episodio con
protagonisti Charles ed Edwin è quello che maggiormente si differenzia dalla
trama principale che, come si ricorderà, verteva sull’abbandono da parte di
Lucifero dell’Inferno, con una conseguente “fuga di massa” dal luogo di
dannazione. Il povero Charles, si ritrova nel collegio in cui studia ed è
perseguitato da una serie di “ex-studenti” morti che lo torturano fin quando
è lui stesso a morire. Tuttavia c’è un altro ragazzo morto, Edwin Paine, che
prima cerca di aiutarlo e poi è con lui nel momento in cui spira e arriva Death
a reclamarlo. Le ultime quattro pagine vedono il secco rifiuto di Charles di
seguirla, perché vuole restare con il suo amico Edwin, che, secondo le parole
di Death, è stato già preso da lei molto tempo prima ed “è ancora morto”.
Il fatto particolare è che Death effettivamente non lo porta con sé,
dicendogli “Charles… d’accordo. Va bene, rimani. Non c’è proprio tempo
per discutere. E io non ne ho la forza. Ho già troppe cose di cui occuparmi. Se
devi restare, resta. Me la vedrò con te dopo. Passo a prenderti appena si
sistemano un po’ le cose, Charles. Abbi cura di te”. La Principessa della
Morte era, all’epoca, ovviamente impegnata con tutti i problemi inerenti
l’Inferno ormai svuotato e dal fatto che al fratello Morfeo ne fosse stata
data la chiave: fatti sicuramente più urgenti del cercare di convincere Charles,
magari con la forza, a seguirla; tra l’altro, Death non ha mai portato via
nessuno senza spendere dolci parole che, in un certo modo, abituino alla nuova
situazione. Sta di fatto che, nella storia contenuta in questo volume,
ambientata dieci anni dopo, ancora non è tornata a riprendersi Charles, tant’è
che “l’attendere sempre il ritorno di Death” è uno degli svantaggi
dell’essere defunti, come recita una didascalia. Questo episodio è rivisitato
graficamente in questo volume a p.8 della prima storia, anche se dobbiamo
ammettere che il look di Death è leggermente diverso nelle due storie (capelli
lunghi e tenuta da aerobica in quello, capelli corti e t-shirt in questo). Una
nota a margine: Gaiman ha sempre dichiarato che la storia di Charles ed Edwin ha
degli spunti autobiografici, soprattutto per ciò che riguarda l'alienazione
delle rigide strutture educative inglesi.
La storia è ricca di humour e di episodi divertenti, riguardanti
soprattutto il fatto stesso che i due ragazzi sono morti, ma, in qualche modo,
in vita. In dieci anni i ragazzi hanno "imparato" a fare gli
investigatori, soprattutto grazie a molte letture (quindi manca il fondamentale
aspetto "pratico" del mestiere). Charles è decisamente quello più
intraprendente dei due, mentre Edwin sembra a tratti poco sveglio. Nelle prime
pagine della storia Charles lo rimprovera di essersi fatto ingannare da “un
demone del 4° girone” che si faceva passare per un cliente. Quando abbiamo
incontrato per la prima volta i due in Sandman n.25, Edwin aveva detto
esplicitamente di essere stato all’Inferno per 75 anni e non riconoscere un
demone è effettivamente una sua manchevolezza non da poco (buona la
caratterizzazione di Brubaker che tiene conto anche di quell’episodio).
Nessuno può vedere i detective, se non altri ragazzi o gli esseri “magici”
che compaiono nella storia. Essi sono coinvolti in uno strano caso di ragazzi
trovati privi di ogni essenza vitale, come fossero stati letteralmente
prosciugati. Charles, soprattutto, vuole seguire le indagini per aiutare una
ragazza, Marcia, che a quanto pare gli piace sebbene non voglia ammetterlo.
Edwin si dà da fare anche con degli incantesimi che però non sempre gli
riescono: questo fatto ci ricorda che, sempre nella storia di Sandman
menzionata, egli era stato sacrificato durante riti satanici.
Nella
storia, che non descriverò per chi non l’abbia ancora letta, compaiono anche
Mad Hettie e Hob Gadling. Per ciò che riguarda la prima è effettivamente, come
scrive anche Pasquale Ruggiero nell’introduzione, un classico “deus ex
machina” in molti dei numeri degli spin-off di Sandman (Dreaming
e The Sandman Presents) e sta gradualmente perdendo quell’aura di
mistero con la quale l’aveva caratterizzata Gaiman. Ci colpisce il fatto che
sembra molto meno sconclusionata delle versioni precedenti e che, soprattutto,
non ha la classica parlata sbiascicata che l’aveva sempre caratterizzata.
Piccola nota a margine: in realtà, nell’originale, sebbene effettivamente in
maniera inferiore rispetto ad altre sue apparizioni, alcuni tratti linguistici
di Hettie sono preservati, come la non pronuncia delle “h” aspirate inglesi
che diventano, per esempio, “’imself” piuttosto che “himself”. Delle
battute estremamente sincopate come “aye, ov a kind, I s’pose” che nella
traduzione della Magic diventano un semplice “Sì, più o meno, forse”,
fanno perdere molto della caratterizzazione linguistica del personaggio. La
semplificazione linguistica è necessaria per certi aspetti, per ciò che
riguarda il personaggio, che in effetti “parla difficile”: quanto si
potrebbe adattare la sua parlata a una italiana dialettale è un quesito
totalmente aperto. Comunque, anche per ciò che riguarda le traduzioni (del pur
bravissimo Leonardo Rizzi, traduttore anche di questo volume) di Le Terre del
Sogno, Hettie mi pare aver perso ogni connotazione linguistica specifica.
Hob, invece, è poco caratterizzato anche perché non compare moltissimo nella
storia. Tuttavia, nella parte finale, ritroviamo tutta la sua giovialità nel
parlare con i due ragazzi morti dell’immortalità: “Il segreto
dell’immortalità? […] Basta non morire”, dice loro Hob. Altro
protagonista “immortale” è un nuovo personaggio del quale però non posso
parlare perché svelerei troppo della trama: per chi volesse approfondire,
l’articolo di fondo di Pasquale Ruggiero può essere più che sufficiente.
Rispetto ad altre miniserie proposte in The Sandman Presents, questa forse non è la migliore, ma è comunque soddisfacente, soprattutto perché non mi pare abbia pretese di essere un capolavoro. Ci verranno proposte in Italia molte miniserie di valore altalenante: dallo stupendo The Furies (Carey, Bolton) al noioso Bast (Kiernan, Bennett) al banale The Thessaliad (Willingham, Mc Manus). Comunque, anche alcune delle cose già proposte sono state varie in qualità: da Lucifer (parlo della prima miniserie: Carey, Hampton) a The Corinthian (Macan, Zezelj) e Love Street (Hogan, Zulli). Alcune di queste proposte sono pretenziose, altre semplicemente al di sotto del livello medio degli autori. Fa comunque bene la Magic a proporle perché a volte sono degli utili palliativi per farci ricordare Sandman (in attesa dell'imminente Endless Night con nuovamente Gaiman in cabina di regia). Mi ripeto: questo volume è bello perché non ha pretese e non averne non vuol dire che è scritto male o che non abbia nessun riferimento alla serie da cui lo spin-off è nato. Anzi, in tutta la storia i fili conduttore sono la morte e l'immortalità, due argomenti piuttosto difficili che, pur essendo trattati anche in maniera un po' giocosa, ci fanno riflettere ugualmente.
GIUDIZIO |